Quarta ondata: emergenza sanitaria o organizzativa? La situazione nei reparti

Quarta ondata: emergenza sanitaria o organizzativa? La situazione nei reparti

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Tempo di lettura: 3 min

Di Raffaele Varvara, per Comedonchisciotte.org

Stiamo pagando con la privazione dei diritti costituzionali, la stratificazione di colpe, errori ed omissioni politico/gestionali accumulate per anni, di cui noi non siamo responsabili!

Ormai il meccanismo è noto: agitano uno spauracchio per poi giustificare l’ulteriore privazione dei nostri diritti. Così la 4° ondata sta servendo per l’introduzione del super infame lasciapassare.

Nulla corrisponde alla terroristica e martellante campagna di informazione mainstream che continua a sciorinare numeri totalmente scollegati dalla realtà. La realtà è che da una settimana si è registrato effettivamente un aumento del flusso di ricoveri, trasferimenti, dimessi e decessi, ma l’emergenza sanitaria, dal punto di vista strettamente clinico/assistenziale, è regredita da un anno e mezzo. La realtà è che permangono e si manifestano sempre più evidenti, le criticità organizzative di un SSN ridotto all’osso. Ad ogni riacutizzazione del contagio, ché è effettivamente in corso ma che non compromette in alcun modo la salute pubblica, gli ospedali devono fare i conti con le pochissime risorse personali a disposizione, soprattutto dopo aver svuotato gli organici con le sospensioni; quindi cosa succede? Interi reparti vengono chiusi, sale operatorie dismesse con interventi rimandati e tutto il personale dirottato altrove: nei centri tampone, negli hub vaccinali per le terze dosi o nelle terapie intensive allestite grazie alla benevolenza di qualche miliardario che si sostituisce allo Stato. I reparti invece restano sguarniti di personale: togli personale di qua, togli personale di la per produrre vaccini e tamponi, mentre l’assistenza ai pazienti è di scarsissima qualità e sicurezza.

Ma perché quando aumentano i bisogni di cura e assistenza della popolazione, gli ospedali si ingolfano e si congestionano? Perché manca una rete di cure territoriali adeguata. Adesso lo scopriamo più che mai, ma sono almeno 30 anni che si sostiene la necessità di accompagnare l’evoluzione dei bisogni di salute della popolazione, in un nuovo SSN riconfigurato per dare risposte a casa delle nostre mamme o delle nostre nonne sempre più fragili, pluripatologiche e non autosufficienti. Invece si continua ancora con un sistema ospedalocentrico che oggi sta dimostrando tutta la sua inefficacia e inadeguatezza.

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La loro stessa “Scienzah” già da almeno 20 anni, suggerisce ai decisori politici, la necessità di una rivoluzione organizzativa del SSN. Laddove è già attiva una rete di assistenza domiciliare integrata (Friuli Venezia Giulia, Toscana ed Emilia-Romagna su tutte) si riducono del 20% gli accessi per codice bianco ai Pronto Soccorso e si riducono del 10% i ricoveri ospedalieri in quanto si agisce prima che l’evento acuto si manifesti (1).

L’emergenza dunque non è sanitaria bensì organizzativa, laddove non mancano solo risorse materiali ovvero economiche per rimettere in sesto il nostro SSN, mancano anche e soprattutto le risorse culturali per ammodernare un sistema altamente regressivo rispetto alla complessità dei bisogni di cura che è impegnato a garantire. Il nostro SSN produce anche ottimi risultati sulla salute dei singoli, ma inteso come sistema è paragonabile ad una scuola in cui gli alunni imparano a scrivere utilizzando calamaio e inchiostro; risultato? L’ alunno avrà imparato a scrivere correttamente ma con un metodo didattico anacronistico e fuori tempo rispetto all’evoluzione dei giorni nostri. Il sistema sanitario odierno è regressivo quanto una scuola di questo tipo!

Noi, dunque, stiamo pagando con la privazione dei diritti costituzionali, la stratificazione di colpe, errori ed omissioni politico/gestionali accumulate per anni di cui noi di certo NON siamo responsabili! Dopo aver preso coscienza dei problemi, l’indignazione spontaneamente generata, deve incanalarsi in un progetto politico-culturale di rivoluzione; tuttavia ciascuno di noi ha ancora tanti impegni considerati prioritari rispetto alla resistenza. Invece noi trionferemo quando l’organizzazione dell’opposizione sociale sarà la priorità nella nostra vita, quando avremo trovato finalmente un nuovo linguaggio aggregatore che parli ai nostri più profondi bisogni di cura e di liberazione e che ci convochi a qualcosa di straordinario.

C’è da costruire una nuova sanità ma non solo, anche una nuova scuola, una nuova economia ammodernando tutte le professioni ed i saperi che devono essere disinfestati dal neoliberismo di cui sono intrisi. Poi c’è da portare questa rivoluzione da un livello culturale (nel senso che interessa gli ambiti della cultura e dei saperi) a un livello politico. Ma attenzione! Il primo livello da cui tutto si innesca è un livello interiore, iniziatico, animico, spirituale: quando il fuoco insurrezionale proveniente dalla consapevolezza che tramite noi sta nascendo una nuova umanità e dalla consapevolezza che questo nuovo modo di stare al mondo genera un nuovo modo di concepire la salute, la cultura e la politica, allora sì che la rivoluzione del XXI sec potrà dirsi avviata!

Di Raffaele Varvara, per Comedonchisciotte.org

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