Sicilia, la prima linea delle guerre USA nel Mediterraneo

Sicilia, la prima linea delle guerre USA nel Mediterraneo

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Il popolo siciliano è di nuovo in allerta.

Dopo l’attacco contro Soleimani a Baghdad effettuato con droni MQ9 reaper, gli stessi schierati nella base Us Navy di Sigonella, lo spettro della guerra si è fatto sempre più concreto. In caso di escalation con Iran o Libia, la Sicilia verrebbe schierata, come territorio da cui partono aerei, droni e ordini militari. Con le sue basi e installazioni USA, l’isola è militarmente esposta, e in particolare di Niscemi (Cl), la cittadina che ospita le antenne militari ad uso esclusivo dell’Us Air Force del Muos. Cresce l’inquietudine di possibili ritorsioni.

Il sindaco Massimiliano Conti si è fatto portavoce del disagio dei concittadini e i movimenti pacifisti, antimilitaristi e ambientalisti hanno protestato negli scorsi giorni davanti alle base militare di Sigonella e a Palermo al consolato Usa.

Ma la loro voce è tutt’altro che ascoltata. Lo scorso venerdì 17 il segretario Nato Jens Stoltenberg è stato ricevuto in visita ufficiale alla Us Navy di Sigonella, assieme a altri ufficiali dell’Aeronautica Usa, per la cerimonia di cosegna di 5 droni spia di ultima generazione Ags, di cui la base catanese sarà sede internazionale. Aerei senza pilota che permetteranno di effettuare missioni di intelligence e controllo sino a tutta l’Africa e sino al cuore della Russia.

Ma il Muos non è solo il centro di interessi militari. E’ anche nel mirino dei clan dei Nebrodi. Una recente inchiesta della procura di Messina sulla “mafia dei pascoli” ha svelato che un’azienda legata alle famiglie mafiose di Tortorici, percepiva i fondi UE su due particelle di terreni della Sughereta di Niscemi dati in concessione all’aeronautica militare USA.

Per approfondire questi aspetti, Sputnik Italia ha incontrato Pippo Gurrieristorico attivista No Muos che lo scorso venerdì ha subito una condanna a sei mesi per una passeggiata del movimento attorno al perimetro della base.

— In un momento di altissima tensione nell’area mediterranea, dovuta all’escalation in Iran e alle incessanti tensioni in Libia, Sigonella è diventata la sede internazionale dei droni Ags. Quale potrebbe essere il ruolo della Sicilia in un eventuale conflitto nell’area mediterranea?

— La Sicilia è designata da tempo ad essere una di portaerei al centro del Mediterraneo, superarmata e indirizzata verso i conflitti che si svolgono in tutta l’area. La guerra in Sicilia si fa tutti i giorni,

in maniera diretta e indiretta, con aerei e droni che partono da Sigonella, con il sistema Muos, e prima del Muos con il sistema Mrps, sistemi di comunicazione fondamentali per la gestione dei conflitti e delle strumentazioni e belliche americane e Nato.

Il costante potenziamento di Sigonella, recentemente dotata di tecnologia AGS, la proietta e ci proietta verso un ruolo centrale nelle guerre e nei vari conflitti che si svolgono in un’area sempre più estesa. Noi ci sentiamo sempre più in prima linea nelle guerre Usa che non vogliamo e di cui non vogliamo essere complici. 

— Dopo l’uccisione di Soleimani si era parlato di un possibile coinvolgimento di Sigonella, che ospita gli stessi droni killer che hanno effettuato il raid, ma Di Maio ha poi smentito. E’ possibile che il Muos abbia avuto un ruolo e se sì quale?

— Questo penso che sia quasi scontato, perché ad ottobre è stata data comunicazione dell’entrata in piena operatività e funzionalità militare del Muos. Se lo hanno costruito e reso operativo è perché adesso loro quest’arma viene utilizzata. Loro stessi hanno detto che ci saranno vantaggi militari in più in ogni scenario di guerra, grazie alla capacità di comunicare e gestire anche aerei, armati e non, senza pilota. Quindi se non lo utilizzano per questo tipo di azioni allora che l’hanno installato a fare?

— In caso di guerra aperta o anche informale, potrebbe sussistere un rischio per la popolazione civile?

— Se da qui si fanno le guerre, questa terra è un obiettivo militare. Inoltre siamo particolarmente esposti al rischio terrorismo. Siamo il confine Mediterraneo del cosiddetto occidente e siamo un’area coinvolta nei conflitti. Adesso che il Daesh non ha più uno stato territoriale da difendere, se dovesse lanciare una guerra all’occidente a livello di azioni terroristiche, siamo una zona altamente esposta a questo rischio ritorsioni e attentati.

— Lei ha da poco subito una condanna per una manifestazione contro il Muos, che ricordiamo essere a uso esclusivo dell’esercito statunitense. Perché tanta repressione nei confronti di cittadini italiani che si oppongono a una installazione militare straniera sul nostro territorio?

— Dall’inizio di questa lotta, che ormai ha superato i dieci anni di vita, ci sono stati sempre tentativi di smorzare e far desistere gli attivisti, con una serie di atti repressivi. Come da sempre si tenta di reprimere il protagonismo popolare. Noi rappresentiamo una spina nel fianco per chi vorrebbe militarizzare la Sicilia con la scusa di aumentare la sicurezza dell’isola. In realtà le basi Usa ci mettono a rischio e ci danno insicurezza perché ci coinvolgono in conflitti e dinamiche internazionali che nessuno di noi siciliani vuole o ha mai chiesto.

Contestare una base militare significa poi portare allo scoperto tutte quelle contraddizioni che si nascondono in genere dietro questo tipo di scelte. Si continua a potenziare e militarizzare il territorio senza alcun passaggio trasparente, sulla base di accordi internazionali che nessuno conosce, senza che la popolazione venga fornita delle dovute informazione, soprattutto quelle sulla salute, sui rischi dell’ambiente e di chi vive a ridosso di questi siti. 

— Di contro, l’ultima novità è che la cosiddetta “mafia dei pascoli” dei clan dei Nebrodi percepiva fondi UE per il terreno dato in concessione all’esercito americano. Com’è possibile che sia avvenuta una cosa del genere?

Questa è una vicenda paradossale e emblematica di una serie di lati oscuri e di punti deboli della militarizzazione che mette in rilievo tutta una serie di debolezze del sistema.

La presenza degli americani è talmente in ombra, talmente offuscata a livello legislativo e legale in quel territorio, che è un territorio italiano ma dato in concessione agli USA con tutta una serie di percorsi poco chiari nel corso degli anni, che ad un certo punto succede anche che gruppi mafiosi possano inventarsi delle aziende sussistenti in quel territorio, intestate a persone decedute da anni, per ricavare i fondi della UE.

Questo ci dimostra come questa presenza americana di fatto, dal punto di vista legale su quei terreni non ha nulla di trasparente.

— Per quanto riguarda la ripresa dell’attività bellica, la scorsa domenica c’è stata una manifestazione a Sigonella del movimento No Muos – contro le basi militari Usa. Quali sono le vostre rivendicazioni e se avete in programma altre iniziative.

— E’ stata una manifestazione indetta sull’onda della gravità dell’attentato USA a Baghdad, un segnale che il movimento che si batte contro le basi Usa e Nato in Sicilia è stato che doveva dare. La manifestazione è andata abbastanza bene, nonostante i tempi strettissimi di organizzazione e comunque è stata solo un momento per rilevare il pericolo che la presenza di installazioni militari USA e Nato sulla nostra terra costituisce e ribadire ulteriormente che le basi vengano chiuse e gli americani se ne vadano a casa loro.

Ci saranno altri momenti, tra cui un’assemblea regionale l’8 febbraio a Niscemi, per coordinare tutte le forze antimilitariste e pacifiste siciliane in previsione di una grossa manifestazione nazionale che si terrà sempre a Niscemi l’11 aprile.

Fonte: SputnikNews.com

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