Elezioni Sicilia, Schifani Presidente. Così rivince la mafia

Elezioni Sicilia, Schifani Presidente. Così rivince la mafia

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Di lui anche il boss Totò Riina diceva: “E’ una mente”

Di Giorgio Bongiovanni

La mafia ha vinto. Così diceva “Masino” Buscetta al giornalista Saverio Lodato, intervistato un anno prima di morire nel 2000 a New York. Una parola diretta, tranciante quanto disarmante per descrivere lo stato dell’arte rispetto ad una politica che era presente dentro e fuori Cosa nostra.
Che abbia vinto la mafia è la sensazione che si ha di fronte ad un Paese privo di memoria e dignità che alle politiche ha consegnato il Paese alla destra più becera.
Che abbia vinto la mafia è la sensazione che si ha quando si vede trionfare alle elezioni quei candidati che in qualche maniera vengono appoggiati in maniera più o meno diretta da condannati per mafia.
Basta vedere ciò che è accaduto mesi fa durante le elezioni comunali di Palermo con gli “endorsement” più o meno velati di Marcello Dell’Utri (uomo cerniera, secondo i giudici che lo hanno condannato in via definitiva per concorso esterno in mafia, tra i boss di Cosa nostra e Berlusconi quando il cavaliere si occupava ancora solo di televisioni e li finanziava a suon di milioni) e Totò Cuffaro (condannato a sette anni per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale aggravato dall’aver agevolato la mafia), ma anche nelle ultime regionali.
Il primo ha partecipato attivamente alla campagna elettorale della Nuova DC a sostegno di Renato Schifani come Presidente della Regione Sicilia. Il secondo non si è personalmente schierato, ma nel listino del candidato Presidente è comparso Riccardo Gallo Afflitto. Un uomo vicino all’ex senatore.
Manca solo l’ufficialità, ma il dato è quasi certo.
Quando sono state scrutinate 4.796 sezioni su 5.295, Renato Schifani, candidato del centrodestra alla presidenza della Regione, risulta, il più votato in Sicilia con il 41,8% delle preferenze. A seguire Cateno De Luca (24,6%), Caterina Chinnici per il centrosinistra (15,9%), Nuccio Di Paola del M5S (15,05%). Chiudono Gaetano Armao (2,03%) e Eliana Esposito (0,5%).
In questo scenario non si deve dimenticare che già la sola candidatura di Schifani era scandalosa.
L’ex Presidente del Senato che è stato autore della norma (il lodo Schifani appunto, ndr) ideata per stoppare i processi alle cinque più alte cariche dello Stato, proprio mentre Berlusconi – in quel momento presidente del consiglio – era sotto processo per il caso Sme.
Il candidato che ancora oggi è imputato a Caltanissetta per violazione di segreto nell’ambito del processo Montante.
Nel 2014, invece, fu archiviato per concorso esterno. Nel decreto di archiviazione del gip Vittorio Anania si sottolineava che “in definitiva sono emerse talune relazioni con personaggi inseriti nell’ambiente mafioso o vicini a detto ambiente nel periodo in cui lo Schifani era attivamente impegnato nella sua attività di legale civilista ed esperto in diritto amministrativo”. Quelle relazioni, scriveva sempre il giudice, seppur intrattenute “non assumono un livello probatorio minimo per sostenere un’accusa in giudizio tanto più che, a prescindere dalla consapevolezza dell’indagato dell’effettiva caratura mafiosa dei suoi interlocutori, tali condotte si collocano per lo più in un periodo ormai lontano nel tempo (primi anni ’90) fatti per i quali opererebbe, in ogni caso, la prescrizione”.
Ciò significa che Schifani ha avuto rapporti con uomini vicini a Cosa Nostra, che però non bastano per portarlo a processo per concorso esterno alla mafia. Non era provata infatti la consapevolezza della caratura criminale dei suoi interlocutori. E anche se lo fosse stato, quei fatti (avvenuti secondo il racconto di alcuni collaboratori di giustizia tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta) erano ormai troppo lontani nel tempo e quindi già prescritti.
Di Schifani aveva persino parlato il capo dei capi di Cosa nostra Totò Riina che lo aveva definito come “una mente”.
Il fatto, riportato anche agli atti dell’inchiesta per concorso esterno, è avvenuto il 10 giugno 2008. Il boss corleonese era a colloquio con la moglie, Ninetta Bagarella, e la figlia, Lucia. A un certo punto la famiglia Riina parlava di ciliegie e Riina aveva sostenuto che le migliori in Sicilia venivano da Chiusa Sclafani. “Il paese di un senatore siciliano”, diceva Riina. “Il paese… di… uno di Chiusa Sclafani …..un senatore….. Forza Italia!. Il paese Chiusa Sclafani e del senatore Schifani”. “Chiusa Sclafani?”, avevano domandato le due donne. E Riina aveva risposto: “Sì il paese del senatore…è… una mente è!”.

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“E’ una mente”. Così diceva il capo di Cosa nostra Totò Riina nel giugno 2008, durante un colloquio in carcere con la moglie, Ninetta Bagarella, e la figlia Lucia


Affermazioni che non possono passare inosservate e che noi non dimentichiamo.
Diversamente ha fatto una fetta del popolo siciliano che lo ha scelto come prossimo Presidente della Regione.
E pensare che anche durante questa campagna elettorale regionale vi sono stati arresti a due giorni dal voto. Due casi distinti che hanno riguardato Salvatore Ferrigno, candidato del centrodestra nelle liste autonomiste di Raffaele Lombardo (ma ex deputato di Forza Italia) arrestato su richiesta della procura di Palermo per voto di scambio politico-mafioso, e Barbara Mirabella di Fratelli d’Italia, arrestata per corruzione su richiesta della procura di Catania.
E a poco o nulla sono serviti gli allarmi della sorella del giudice Giovanni Falcone che ha paventato il rischio di un “ritorno al passato più buio”. Niente da fare.
Un altro martire della nostra Patria, Paolo Borsellino, diceva che “la lotta alla mafia (primo problema da risolvere nella nostra terra, bellissima e disgraziata) non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti si abituassero a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità”.
Finché il popolo senza memoria non farà sue queste parole la mafia, o se vogliamo il sistema di potere criminale, l’avrà sempre vinta.
Intanto, in Italia nell’anno domini 2022 dopo Cristo, avremo a Roma un governo fascista, mentre a Palermo rivince la mafia. A noi non resta altro che gridare. Resistere! Resistere! Resistere!

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani 

Tratto da: Antimafiaduemila

 

Giustizia Politica