Dati alla mano è la Cina a tenere in vita il Nord Italia

Dati alla mano è la Cina a tenere in vita il Nord Italia

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Tempo di lettura: 2 min

di Kartana

La scorsa settimana su questo giornale vi avevo dato notizia di una tenuta dell’export italiano a giugno verso la Cina, caduto in un anno solo del 3.3%, il minore di tutti i paesi europei. Per fare un raffronto nello stesso periodo l’export italiano verso gli Usa è calato del 22,4%.

Lo stesso Ambasciatore cinese in Italia due giorni fa in un intervento su Il Sole 24 ore rimarcava questo dato, sottolineando che nei prossimi mesi, con fiere che si svolgeranno in Cina, la domanda cinese verso prodotti italiani sarà maggiore. Oggi, sempre tramite il Sole 24 ore, apprendiamo un altro dato interessantissimo: l’export tedesco a giugno in Cina è aumentato addirittura del 15,4%. Come sottolineato alcuni mesi fa da miei contatti, la Cina vuole aumentare enormemente l’import dall’Europa per controbilanciare la guerra commerciale verso gli Usa.

Tenete conto che l’export tedesco si trascina la catena di fornitura del Nord Italia, dunque la domanda cinese favorisce l’industria italiana sia direttamente che indirettamente. L’interesse strategico della Cina, che studiosi come Fausto Sorini mi comunicano da anni, verso l’Europa è confermato, anche se la Merkel, come al solito, vuole la moglie ubriaca e la botte piena, mettendo paletti Ue agli investimenti cinesi.

C’è da dire, in attesa di concoscere nel dettaglio i dati americani, che anche verso gli Usa la Cina sia propensa ad acquistare. La saggezza di questa classe dirigente ci porta a pensare che aver abbandonato la chance del Memorandum non è stata una buona cosa. Se nel 2008 la Cina trascinava il mercato mondiale con mega investimenti, ora punta sul mercato interno per aumentare l’import mondiale. La diminuzione a luglio di solo 1,4% credo sia dovuta, anno su anno, al minor prezzo del petrolio. Per il resto si mantiene. Approfittiamone prima che la sinofobia di Salvini non colpisca gli interessi nazionali irreparabilmente. 

Tratto da: L’Antidiplomatico

Economia Italia