Coronavirus, il virologo Bassetti: “Questa non è una epidemia, la mortalità è bassa”

Coronavirus, il virologo Bassetti: “Questa non è una epidemia, la mortalità è bassa”

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GENOVA – “Un soggetto può morire per Coronavirus (ovvero il virus ha contribuito direttamente alla sua morte) o con il Coronavirus (il virus è presente ma il suo ruolo non primario nella morte). Degli attuali tre decessi italiani, due sembrano morti più con il virus, che per il virus. Tutti inoltre sembravano presentare gravissime malattie preesistenti” così Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e presidente della Sita (società italiana di terapia anti-infettiva) spiega la situazione legata alla diffusione del Coronavirus e alle morti fin qui registrate in Italia.

Il virologo fa una precisazione puntuale e spiega come due dei tre morti italiani hanno perso la vita non in modo diretto a causa del Coronavirus ma per altre patologie di cui già soffrivano a cui il virus in questione si è aggiunto. Una differenza sottile ma sostanziale. Inoltre al momento tutte le vittime italiane erano anziane, il primo in veneto aveva 78 anni, la seconda in Lombardia 75 mentre l’ultima vittima, quella di Crema, aveva 68 anni e una situazione di salute già compromessa. La donna infatti era ricoverata all’ospedale oncologico di Cremona, così come confermato dal sindaco della cittadina di residenza.

I casi di contagio di Coronavirus in Italia al momento sono oltre 150, e fanno dello Stivale il terzo Paese al mondo per numero di casi dopo Cina e Corea del Sud. In Italia i casi si sono moltiplicati a partire da sabato. Il ministero della salute è al lavoro anche per cercare di risalire al cosiddetto ‘paziente zero’. Gli altri Paesi Europei fanno registrare al momento numeri molto inferiori di contagio rispetto all’Italia. Il direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino spiega anche un altro aspetto che focalizza meglio l’attenzione su quello che sta accadendo nel nostro Paese

“E’ cambiato il metodo di rilevamento. Questo numero comprende casi con definizione OMS (Organizzazione mondiale della sanità ndr) di caso sospetto poi divenuti certi, polmoniti senza altra diagnosi, contatti di casi certi e sindromi influenzali. Gli altri paesi europei, in particolare Francia e Germania hanno fatto lo stesso? Assolutamente no. Quanti casi avrebbero con questo metodo di rilevamento? Il nuovo virus è entrato in Italia, come in molti altri paesi ed è quindi il momento di affrontare il problema dal punto vista clinico – spiega ancora Bassetti –. Le rete degli infettivologi e di quelli che si occupano di emergenze infettivologiche è preparata e ha affrontato e risolto in passato situazioni molto peggiori. Come già detto occorrerà inserire in tutta Italia nella diagnosi differenziale delle polmoniti anche il coronavirus”.

Il virologo poi entra nel dettaglio dei numeri di quello che è il Coronavirus: “Resta il fatto che nell’85-90% dei casi l’infezione decorre in maniera blanda. Nel 10-15% dei casi in maniera più grave e solamente nel 5% in maniera critica (articolo pubblicato dalla John Hopkins University). Il tasso di letalità (numero di morti su numero di infetti) rimane al momento (al di fuori della Provincia di Hubei in Cina) inferiore all’1%. Questa non è una epidemia” spiega Bassetti.   

A dare poi un quadro della situazione e a riportare in una logica più normale il caso Coronavirus in Italia è il confronto con i morti in Italia causati dall’influenza stagionale. Il dato dell’Istituto Superiore di Sanità informa che ogni giorno in Italia muoiono 217 persone affette da influenza stagionale. In una settimana sono più di 1.500 morti.

Fonte: Primocanale.it

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