Il caro energia si fa sentire: lievitano i costi di asili nido e case di riposo

Il caro energia si fa sentire: lievitano i costi di asili nido e case di riposo

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La Federazione Italiana Scuole Materne e l’Uripa che riunisce gli istituti per anziani, fa appello al governo perché vari misure di detrazione fiscale per far fronte a un’emergenza che altrimenti si risolverà in un aumento delle rette. Ma la strada da percorrere non è quella di chiedere continuamente soldi e detrazioni allo stato, dobbiamo rimboccarci le maniche per risolvere i problemi alla radice. Bisogna rivedere l’intero sistema economico neoliberista, il mondo del lavoro, le regole europee e anche le (auto)sanzioni alla Russia se vogliamo veramente che qualcosa cambi in meglio, altrimenti sarà il collasso economico e sociale

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Tratto da: Giuseppe Pietrobelli, Il Fatto Quotidiano

Ogni bambino che frequenterà quest’anno un asilo nido o una scuola materna costerà 40 euro in più solo per le maggiori spese di energia elettrica e gas. Considerando che le scuole dell’infanzia paritarie in Italia sono 8.634 con 470 mila bambini, mentre ad un nido sono iscritti 393 bambini da 1 a 3 anni, il totale della popolazione interessata è di circa 863mila piccoli di età inferiore ai 6 anni. In termini economici la stangata energetica potrebbe tradursi in una maggiore spesa per 350 milioni di euro. Lo ha calcolato la Federazione Italiana Scuole Materne che ha sollecitato assieme ad Uripa (case di riposo, ndr) alcuni emendamenti per spingere il governo a varare misure di detrazione fiscale per far fronte a un’emergenza che altrimenti si risolverà in un aumento delle rette.

“Se non verranno stabilite adeguate azioni di contrasto al caro bollette anche in favore dei nidi e delle scuole materne paritarie, siamo pronti a consegnare le chiavi dei nostri istituti al Prefetto di Venezia”

annuncia Stefano Cecchin, presidente di Fism Veneto, che nella sola regione rappresenta mille scuole private, tra cui 500 asili nido, per circa 90mila bambini tra gli zero e i sei anni d’età. Circa metà dei Comuni veneti sono coperti solo dal servizio privato.

“È necessario che il governo intervenga, altrimenti saremmo costretti a scaricare sui genitori i maggiori costi energetici. Qui rischia di saltare tutto il sistema” avverte il presidente. “Con la nostra proposta chiediamo che venga estesa anche al nostro settore la possibilità di accedere ad un credito d’imposta biennale, per il 2022 e il 2023, uguale a quello offerto alle aziende energivore, per scontare i maggiori costi legati alle bollette con un credito sui contributi dei lavoratori. Il timore è che le misure arrivino in ritardo”.

Si prevedono aumenti del 110 per cento sul prezzo del gas e del 140 per cento su quello dell’elettricità.

“Non vogliamo intasare i municipi e le Prefetture, ma in assenza di aiuti seri saremo costretti a portare le nostre bollette ai sindaci e a riconsegnare le chiavi al Prefetto” conclude Cecchin.

Il presidente nazionale Fism, Giampiero Redaelli:

“Non vogliamo pensare che il Governo e il Parlamento ‘abbandonino al dissesto economico’ i gestori di questi fondamentali servizi. Sarebbe inspiegabile una scelta diversa in un Paese che ci vede il secondo al mondo per tasso di invecchiamento della sua popolazione e tra gli ultimi come tasso di natalità. Chiediamo di assorbire i maggiori costi determinati dall’aumento dei prezzi delle fonti energetiche a carico della fiscalità generale come già avvenuto nei mesi scorsi per la Sanità Pubblica”. Come? “Il credito d’imposta è lo strumento tecnico individuato da FISM e URIPA (case di riposo, ndr) che consentirebbe ai gestori di recuperare l’effettivo maggior costo”.

Cronaca Società