Il dito e la luna

Il dito e la luna

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Tempo di lettura: 3 min

di Paolo Becchi e Fabio Conditi

Un antico proverbio orientale dice che quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito.

Nel caso del Superbonus tutti si concentrano sull’agevolazione fiscale, che esiste dal 1997 e che è andata progressivamente aumentando dal 36% fino al 110%, ma nessuno vede la vera rivoluzione che è quella di aver introdotto per la prima volta, la cedibilità a tutti del credito d’imposta.

La questione non è più tecnica, ma ideologica. Per questo la maggior parte dei politici e dei commentatori parlano dei costi ma mai delle entrate che ha generato, attribuendo al Superbonus ogni cosa: dalle grandi truffe che in realtà sono quasi tutte riferite ad altri bonus, all’aumentato dei prezzi nell’edilizia, che però sono cresciuti e anche di più in tutta Europa. Addirittura si favoleggia di un aumento del debito pubblico secondo le nuove norme contabili, che però è stato smentito anche da Luca Ascoli di Eurostat.

Il problema è che tutti guardano al dito, ma nessuno vede più la bellissima luna che questa esperienza ha indicato: la possibilità di finanziare la spesa pubblica con un nuovo strumento di scambio, il credito d’imposta cedibile, che permette di fare investimenti nell’economia reale senza mettere a rischio le nostre finanze pubbliche.

Lasciamo da parte il dito, cioè il Superbonus 110% con tutti i pregi e i difetti che una misura innovativa come questa ha messo sicuramente in evidenza dopo tre anni di esperienza, rendendo necessaria sicuramente una revisione che permetta di centrare meglio gli obiettivi che si vogliono raggiungere.

 

Ma perché il Governo Meloni ha cancellato la luna, cioè il credito d’imposta cedibile?

A nostro avviso ha interpretato in modo inadeguato le modifiche che sono state introdotte da Eurostat al Manuale del Deficit e del Debito Pubblico. In realtà queste modifiche rendono possibile migliorare lo strumento del credito d’imposta rendendolo cedibile verso tutti più volte e riportabile negli esercizi successivi senza limiti.

In questo modo si esce dall’ambito ristretto della capienza fiscale del settore bancario, non superiore a 50 miliardi di euro all’anno, per entrare nella capienza complessiva del popolo italiano, pari a 600 miliardi di euro all’anno. Allargare la platea dei possibili “acquirenti” dei crediti fiscali, permetterebbe di evitare lo scandalo dello sconto eccessivo chiesto da banche ed istituzioni finanziare alle imprese in difficoltà le quali sono piene di crediti fiscali che non riescono oggi ad utilizzare per pagare dipendenti e fornitori.

 

Il bambino e l’acqua sporca

Invece, consentiteci questa nuova metafora, si è scelto di buttare via il bambino del credito d’imposta con l’acqua sporca del Superbonus.

Infatti non c’è dubbio che uno Stato, prima di utilizzare le sue risorse per riqualificare gli edifici dei privati, favorendo solo poche persone, avrebbe dovuto prima migliorare gli edifici pubblici che hanno finalità sociali, le scuole, gli ospedali, le case popolari, ecc…

Ma allora si poteva intervenire sulla percentuale, lasciandola al 110% sono per chi ha solo la prima casa ed ha redditi medio-bassi, abbassando la percentuale fino al 50% per chi possiede anche altre abitazioni oltre la prima casa e ha un alto reddito. In questo modo il moltiplicatore monetario che Nomisma ha calcolato pari a 3, sarebbe cresciuto a vantaggio delle entrate dello Stato.

Soprattutto si poteva lasciare il 110% per quei settori nei quali lo Stato deve intervenire e con gli strumenti attuali non riesce a farlo: gli Istituti Autonomi per le Case Popolari IACP, magari anche per la realizzazione di nuove abitazioni per chi non ne ha, ma soprattutto per la ricostruzione delle zone terremotate che gridano vendetta dopo anni di baraccopoli.

 

Possibili modifiche al Decreto Legge n.11 del 16 febbraio 2023

Si potrebbe approfittare della discussione parlamentare che inizierà la prossima settimana per la conversione in legge del Decreto Legge n.11 del 16 febbraio 2023, entro 60 giorni, per aggiustare il tiro  con la presentazione di emendamenti.

Infatti per risolvere il problema dei crediti incagliati in mano alle imprese in difficoltà, ma anche per lasciare il Superbonus 110% per alcune categorie a maggiore impatto sociale, c’è una unica soluzione: modificare le caratteristiche del credito d’imposta attuale rendendolo cedibile verso tutti più volte e riportabile negli esercizi successivi senza mai scadere.

Tutto questo è oggi consentito dalla nuova versione del Manuale del Deficit e del Debito Pubblico, da poco aggiornata da Eurostat. Infatti secondo questa nuova versione ci sarebbe solo un impatto sul deficit e non sul debito pubblico, nel senso che invece di contabilizzarlo come mancato gettito futuro, sarebbe considerato un credito d’imposta “pagabile” e quindi da considerare un costo oggi, ma senza alcun impatto reale sul rifinanziamento del debito pubblico.

In realtà, leggendo attentamente le nuove istruzioni di Eurostat, ci sarebbe anche la possibilità di aggirare questo problema contabile ma non sostanziale. Al punto 38 del Manuale c’è scritto che il credito d’imposta cedibile “è quindi da considerarsi un credito d’imposta pagabile, a meno che non vi sia la prova che un importo non trascurabile andrà sprecato”. Quindi se si volesse rimanere nella definizione di credito d’imposta “non pagabile”, come è sempre stato considerato il Superbonus nei bilanci 2020, 2021 e 2022, approvati dall’Unione Europea, basterebbe introdurre una piccola perdita in percentuale automatica ad ogni cessione o riporto negli anni successivi, per avere la prova che un importo non trascurabile andrà sicuramente sprecato.

Le imprese con i crediti incagliati ringrazierebbero.

Della serie “facta lex inventa fraus”.

Paolo Becchi e Fabio Conditi

Economia