Pepe Escobar – La strategia chiave di Pechino per questo decennio

Pepe Escobar – La strategia chiave di Pechino per questo decennio

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Tempo di lettura: 5 min

di Pepe Escobar – Strategic Culture

[Traduzione a cura di: Nora Hoppe]

Liu He ha studiato economia alla Renmin University in Cina e ha conseguito un master ad Harvard. Dal 2018 è uno dei vice premier cinesi – insieme a Han Zheng, Sun Chunlan e Hu Chunhua. È direttore della Commissione centrale per gli affari finanziari ed economici e dirige il Comitato per la stabilità finanziaria e lo sviluppo della Cina. Chiunque nel mondo voglia sapere cosa guiderà l’economia cinese nell’Anno del Coniglio deve prestare attenzione a Liu He.

Davos 2023 è arrivato e se ne è andato: un lungo esercizio di Distopia Demenziale con picchi di parossismo. Almeno una misura di realtà è stata offerta dal discorso di Liu He. Un’analisi limitata ma competente di ciò che ha detto è infinitamente più utile dei torrenti di “ricerche” sinofobiche a malapena mascherate vomitate dai Think-Tank-land statunitensi.

Liu He ha indicato alcuni numeri chiave per l’economia cinese nel 2022. Una crescita complessiva del 3% può non essere rivoluzionaria, ma ciò che conta è che il valore aggiunto per la produzione di alta tecnologia e di attrezzature aumenti rispettivamente del 7,4% e del 5,6%. Ciò significa che la capacità industriale cinese continua a salire nella catena del valore.

Il commercio, come prevedibile, regna sovrano: il valore totale delle importazioni e delle esportazioni ha raggiunto l’equivalente di 6.215 trilioni di dollari nel 2022, con un aumento del 7,7% rispetto al 2021.

Liu He ha anche chiarito che il miglioramento della ricchezza dei cittadini cinesi rimane una priorità fondamentale, come annunciato nel Congresso del Partito del 2022: il numero di cinesi della classe media, entro il 2035, dovrebbe passare dagli attuali 400 milioni a ben 900 milioni.

Liu He ha spiegato che tutto ciò che riguarda le riforme cinesi ruota attorno alla nozione di “economia di mercato socialista”. Il che si traduce in “lasciare che il mercato giochi un ruolo decisivo nell’allocazione delle risorse, che il governo svolga un ruolo migliore”. Questo non ha assolutamente nulla a che vedere con il fatto che Pechino privilegi un’economia pianificata. Come ha spiegato Liu He, “approfondiremo la riforma delle SOE (State-Owned Enterprises), sosterremo il settore privato e promuoveremo la concorrenza leale, l’antimonopolio e l’imprenditorialità“.

La Cina sta raggiungendo il livello successivo, dal punto di vista economico: ciò significa costruire, il più rapidamente possibile, una base commerciale guidata dall’innovazione. Gli obiettivi specifici includono la finanza, la tecnologia e una maggiore produttività nell’industria, come l’applicazione di più robotica.

Sul fronte fin-tech, una Hong Kong in piena ripresa è destinata a svolgere un ruolo estremamente importante a partire dal 2024, soprattutto grazie ai diversi meccanismi del Wealth Management Connect.

Entrare o rientrare nel ruolo chiave della Greater Bay Area di Guangdong-Hong Kong-Macao, uno dei nodi chiave dello sviluppo della Cina del XXI secolo.

Il cosiddetto Greater Bay Area’s Wealth Management Connect è un sistema che consente agli investitori facoltosi delle nove città continentali che compongono l’area di investire in prodotti finanziari denominati in yuan emessi da banche di Hong Kong e Macao – e viceversa. In pratica, ciò significa un’ulteriore apertura dei mercati finanziari della Cina continentale.

Aspettatevi quindi un nuovo boom di Hong Kong entro il 2025. Tutti coloro che sono scoraggiati dal pantano collettivo dell’Occidente, iniziate a fare piani.

La doppia circolazione colpisce l’Eurasia

Come previsto, Liu He ha anche fatto riferimento alla strategia chiave di Pechino per questo decennio: “Un nuovo paradigma di sviluppo con la circolazione interna come pilastro e la circolazione interna e internazionale che si rafforzano a vicenda.”

La strategia della doppia circolazione riflette l’enfasi della leadership di Pechino sulla necessità di incrementare contemporaneamente l’autosufficienza della Cina e il suo vasto mercato di esportazione. Praticamente tutte le politiche governative riguardano la doppia circolazione. Quando Liu He parla di “stimolare la domanda interna cinese” sta inviando un messaggio diretto agli esportatori globali – orientali e occidentali – che si concentrano su questa massa gigantesca e in continua crescita di consumatori della classe media cinese.

Sul Quadro Generale geopolitico e geoeconomico, Liu He è stato diplomaticamente circospetto. Si è limitato a far filtrare che “crediamo che un ordine economico internazionale equo debba essere preservato da tutti”.

Traduzione: le Nuove Vie della Seta, o BRI, così come gli sforzi di integrazione dei BRICS+, della SCO e dell’EAEU saranno in prima linea nella politica cinese.

E questo ci porta a quella che dovrebbe diventare una delle storie chiave dell’Anno del Coniglio: il rinnovato impulso alle Nuove vie della seta.

Pochi meglio dei cinesi, storicamente, hanno capito che da Samarcanda a Venezia, da Bukhara a Guangzhou, da Palmira ad Alessandria, dal Karakoram all’Hindu Kush, dai deserti che inghiottivano le carovane ai giardini di harem appartati, una formidabile forza d’attrazione di fattori economici, politici, culturali e religiosi non solo ha collegato le estremità dell’Eurasia – dal Mediterraneo alla Cina – ma ha determinato e continuerà a determinare la sua storia secolare.

Le Antiche Vie della Seta non riguardavano solo la seta, ma anche le spezie, le porcellane, le pietre preziose, le pellicce, l’oro, tè, il vetro, gli schiavi, le concubine, le guerre, le conoscenze, le pestilenze – ed è così che si sono trasformate nel simbolo degli “scambi da popolo a popolo” in tutta l’Eurasia, come lo esaltano oggi Xi Jinping e la leadership di Pechino.

Questi processi coinvolgono l’archeologia, l’economia, la storia, la musicologia, la mitologia a confronto; così, in continuità con il passato, le Nuove Vie della Seta significano anche ogni sorta di scambio tra Oriente e Occidente. La storia perpetua del commercio ininterrotto, in questo caso, è solo la base materiale, un pretesto.

Prima della seta c’erano i lapislazzuli, il rame, l’incenso. Anche se la Cina si è aperta al mondo esterno solo nel II secolo a.C. – grazie alla seta – la tradizione cinese, nel più antico romanzo cinese, La Cronaca del Figlio del Cielo Mu, racconta che l’imperatore Mu visitò la Regina di Saba già nel X secolo a.C.

Gli scambi tra Europa e Cina potrebbero essere iniziati solo nel I secolo a.C. Gli uomini che hanno effettivamente attraversato le immensità eurasiatiche sono stati pochi. Solo nel 98 l’ambasceria cinese di Gan Ying parte per Da Qin – cioè Roma. Non arrivò mai.

Nell’anno 166, l’ambasceria di Antonino Pio, presumibilmente inviata dall’imperatore stesso, arriva finalmente in Cina; ma in realtà si tratta solo di un mercante avventuroso. Per 13 secoli c’è stato un enorme vuoto esplorativo.

Nonostante i prodigiosi progressi dell’Islam e l’onnipresenza dei mercanti musulmani fin dal VII secolo, è solo nel XIII secolo – all’epoca delle ultime Crociate e della conquista mongola – che gli europei riprendono la strada verso l’Oriente. E poi, nel XV secolo, gli imperatori Ming, succeduti ai mongoli, chiudono totalmente la Cina al mondo esterno.

È solo grazie ad un certo punto ai gesuiti, nel XVI secolo, che finalmente avviene un incontro – con 17 secoli di ritardo: L’Europa cominciò finalmente ad acquisire una certa conoscenza della Cina, anche se la sognava in continuazione, poiché i patrizi romani chic furano avvolti in vesti di seta trasparente.

Solo intorno al 1600 gli europei sembrano essersi resi conto che la Cina settentrionale e la Cina meridionale si trovano nello stesso continente. Possiamo quindi concludere che la Cina è stata realmente conosciuta in Occidente solo dopo la “scoperta” delle Americhe.

Due mondi che si sono ignorati a lungo – eppure, all along the watchtower [lungo le torri di guardia] in mezzo alle steppe, il commercio continuava a spostarsi da una parte all’altra dell’Eurasia.

Ora è il momento di un’altra spinta storica – anche se un’Europa disorientata è tenuta in ostaggio da una cabala di neocon e di neocon-liberisti imperiali straussiani. Duisburg, nella valle della Ruhr, il più grande porto interno del mondo, dopo tutto rimane il nodo chiave della Via della Seta di Ferro attraverso la BRI, collegato da infinite ferrovie a Chongqing in Cina. Allora, svegliati, giovanotto tedesco: il tuo futuro è a Est.

 

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