Operazione ”Rinascita 3”: il riciclaggio della ‘Ndrangheta in mezza Europa

Operazione ”Rinascita 3”: il riciclaggio della ‘Ndrangheta in mezza Europa

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Gratteri: “Non siamo riusciti a contestare una truffa di oltre tre milioni di euro per effetto della riforma Cartabia”

Numerose società di diritto italiano, cipriota ed ungherese intestate a soggetti terzi e dislocate in diverse città europee, avrebbero riciclato ingenti somme di denaro illecito di natura ‘ndranghetista. Secondo le ricostruzioni investigative della Dda di Catanzaro, che mercoledì mattina hanno posto in essere un’operazione antimafia attrezzata “Rinascita 3-Assocompari” coadiuvata dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale dell’Arma di Vibo Valentia, la cosca Bonavota, locale di Sant’Onofrio (Vibo Valentia), attraverso la complicità di un’avvocata ungherese intestataria del 50% delle società, insieme alle opportunità offerte dal mercato delle criptovalute, avrebbe infatti ‘ripulito’ diversi milioni di euro attraverso la vendita di immobili, yacht e ville di lusso. In questo modo, anche attraverso l’operato di uomini come Giovanni Barone, la ‘Ndrangheta, al già consolidato business del traffico di droga su scala internazionale, ha unito anche quello del riciclaggio di denaro.
Le indagini, in prosecuzione all’operazione “Rinascita Scott” iniziata nel dicembre del 2019, si sono sviluppate all’interno di un proficuo rapporto di collaborazione internazionale con autorità ungheresi, francesi, cipriote, danesi e britanniche, avvalendosi del coordinamento di Eurojust (l’unità di cooperazione giudiziaria dell’Unione Europea) e della UIF (lunità di Informazione Finanziaria per l’Italia), hanno determinato la custodia cautelare di 11 persone, di cui 8 sono detenuti in carcere, e la ricostruzione di una truffa iniziata nel 2017 ai danni di alcuni investitori dell’Oman. Secondo gli inquirenti che hanno disposto il sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore complessivo di tre milioni di euro, gli investitori dell’Oman, avrebbero versato un milione di euro dietro la promessa di ottenere il 30% delle quote di una società con sede a Budapest.

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Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri © Imagoeconomica

Durante la conferenza stampa il vicepresidente di Eurojust, Filippo Spiezia, ha sottolineato l’importanza “della collaborazione tra le autorità su scala internazionale” e, ha evidenziato l’utilità che accompagna “il modello avviato dalla Procura di Catanzaro nelle indagini contro la criminalità organizzata”. La stessa conferenza stampa ha visto anche l’intervento del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, che ha rilevato come le indagini hanno messo in luce le capacità della ‘Ndrangheta. “Partendo da un paese nel Vibonese, la ‘Ndrangheta, è riuscita ad avere un respiro internazionale – ha ribadito Gratteri –. Agganciando professionisti che si trovano all’estero è riuscita ad interfacciarsi con più banche di vari paesi per far fare ai soldi tanti giri e, a pulirli prima di farli ritornare in Italia attraverso investimenti soprattutto nel settore immobiliare”.
Purtroppo, al successo investigativo internazionale si è aggiunto anche l’insuccesso e qualche imbarazzo di natura nazionale.
Difatti, dalle indagini è emersa anche una truffa dal valore di due milioni di euro ai danni di un ex ministro dell’Oman; una truffa che la Dda di Catanzaro, in assenza di denuncia della parte offesa, non è riuscita a contestare per effetto della riforma Cartabia.
“Nel corso di questa indagine non abbiamo potuto contestare una truffa aggravata per oltre tre milioni di euro per effetto della riforma Cartabia – ha ribadito Gratteri –. Occorreva infatti la querela della parte offesa, che non siamo riusciti a rintracciare. Si tratta di un viceministro dell’Oman, Paese che non fa parte ovviamente del trattato di Schengen.” – prosegue – “Non c’è un trattato bilaterale tra Italia ed Oman e fare la rogatoria internazionale per chiedere alla parte danneggiata se volesse fare querela, ci avrebbe fatto perdere molto tempo. Per questo motivo non abbiamo potuto chiedere la custodia cautelare per la truffa. Tuttavia – ha concluso Gratteri –, siamo riusciti a dimostrare l’esistenza di una banca ungherese specializzata nel trattamento delle criptovalute, alle quali la ‘ndrangheta sembra essere molto interessata”.

Fonte: Ansa, Antimafiaduemila

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