Gratteri e Nicaso: la ‘Ndrangheta è ”Fuori dai confini” ed è pronta a invadere l’Ucraina

Gratteri e Nicaso: la ‘Ndrangheta è ”Fuori dai confini” ed è pronta a invadere l’Ucraina

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Tempo di lettura: 7 min

Un unico sistema criminale: l’omicidio del procuratore Pecci, di Daphne Caruana Galizia e l’arresto di Rocco Morabito

Di Luca Grossi

Per la ‘Ndrangheta il dolore e la sofferenza altrui sono opportunità di business.
“Il conflitto in Ucraina, per esempio, è una tavola imbandita dove non manca nulla: armi, edilizia, traffico di esseri umani, mercato nero e fondi europei. Una ghiotta opportunità che segue la lunga stagione del Covid-19, durante la quale la mafia calabrese si è prodigata in azioni ‘filantropiche’ a sostegno di famiglie e imprese in difficoltà, innescando un meccanismo di dipendenza da sfruttare a tempo debito”. Non vi è dubbio che il “traffico di droga e di armi, lo sfruttamento della prostituzione e la contraffazione dei prodotti restano attività irrinunciabili, ma contano sempre più lo smaltimento illegale dei rifiuti tossici e il gioco d’azzardo online illegale, con il frequente ricorso alle risorse telematiche, alla crittografia, alle criptovalute, ai traffici sul dark web. Senza dimenticare il riciclaggio, perché la ‘modernità’ della ‘Ndrangheta emerge soprattutto qui, nella capacità di infiltrarsi all’interno del mondo politico-istituzionale e nello sfruttare l’area grigia dei soggetti compiacenti appartenenti al mondo della finanza e dell’imprenditoria”.
In sintesi, pur conservando la propria ‘casa madre’ in Calabria, la ‘Ndrangheta è ormai diventata una vera e propria holding criminale globale, connessa e ramificata e, in qualunque paese del mondo si trovi, riesce a trovare terreno fertile in cui ‘coltivare’ la propria egemonia.
È questo il quadro offerto dal libro ‘Fuori dai confini. La ‘Ndrangheta nel mondo’, edito da Mondadori (204 pagine, 18 euro) scritto dal procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e dal professore
Antonino Nicaso, uno dei massimi esperti di ‘Ndrangheta nel mondo nonché giornalista e saggista.
Volendo usare un parallelismo temporale si potrebbe dire che oggi sono in corso due invasioni dell’Ucraina: una, quella più evidente, da parte della Federazione Russa; la seconda, molto più adombrata, quella da parte della ‘Ndrangheta e delle organizzazioni criminali in generale.

Pecunia non olet


“Quello delle armi è un business enorme, dal valore incalcolabile – si legge – Armamenti aeronautici, armi chimiche, armi da lancio e da fuoco, contraeree, anticarro, nucleari. E, ancora, mine, missili, lanciafiamme, lanciagranate, esplosivi, aerei da caccia, bombardieri e carri armati. Armi leggere e pesanti, che si muovono su canali dedicati (e spesso coperti) che spaziano da un continente all’altro. Per le mafie costituiscono l’affare più lucroso dopo la droga. Ovviamente c’è già chi pensa al dopo. Che fine faranno tutte le armi finora impiegate in Ucraina?”
Andranno a rinfoltire gli arsenali dei clan e ad alimentare altre guerre “quelle in Liberia, Sierra Leone, Angola e Congo? Nessuno lo sa. In tanti, però, ricordano quello che è successo nell’ex Iugoslavia, quando molte delle armi utilizzate in quel sanguinoso conflitto sono state vendute a prezzi stracciati, insieme al plastico prodotto nei territori un tempo dominati dal generale Josip Broz, detto ‘Tito'”.
Le mafie fecero incetta di tutto quel materiale bellico e il rischio che ciò potrebbe ripetersi è alto.
“Oggi, organizzazioni mafiose come la ’Ndrangheta vanno continuamente alla ricerca di nuovi mercati. E, pensando alla fine del conflitto russo-ucraino, sognano di rovistare tra le macerie della guerra in corso come tanti sciacalli”.

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Il magistrato Marcelo Pecci

L’omicidio del procuratore paraguayano Marcelo Pecci


La mafia non ha mai smesso di fare stragi. Né in Italia, né in Sudamerica.
Marcelo Pecci Albertini, 45 anni, era un magistrato paraguayano di origini lucane.
Il 10 maggio del 2022, verso le 10.30 circa, venne ucciso mentre si trovava assieme alla moglie incinta sulla spiaggia di un’isola al largo di Cartagena, in Colombia. Pecci era un magistrato scomodo, soprattutto per le inchieste condotte contro lo strapotere dei narcos.
“Qualche mese prima aveva condotto l’operazione ‘A Ultranza PY’, un’indagine che ha colpito le potenti mafie della ‘Triplice frontiera’, il punto di intersezione di tre Stati confinanti nelle rispettive città di Ciudad del Este (Paraguay), Puerto Iguazú (Argentina) e Foz do Iguaçu (Brasile). E da poco, oltre alle solite inchieste sui ricorrenti conflitti tra narcotrafficanti, si era messo a indagare sulla presenza della stessa ’Ndrangheta in Paraguay, come aveva incautamente rivelato con una foto su Twitter dopo l’incontro con un funzionario della Direzione centrale dei servizi antidroga di stanza a Buenos Aires. Da alcuni mesi, sulla sua testa pendeva un timer, che scandiva un infernale conto alla rovescia”.
La notizia dell’omicidio aveva fatto il giro del mondo.
In Italia, proprio in quei giorni si era venuti a sapere che lo stesso Nicola Gratteri stava correndo lo stesso rischio.
A giugno 2022 erano arrivate le prime condanne per l’omicidio Pecci: 23 anni di carcere per quattro persone. La polizia aveva indagato sui presunti mandanti e non aveva escluso “nessuna ipotesi, anche se il sospetto è che a finanziare l’operazione sia stato un consorzio di boss, pronti a raccogliere poco più di mezzo milione di dollari per pagare i sicari e garantirsi l’eliminazione dello scomodo magistrato”.
Si riuscirà a fare luce sui mandanti “dell’omicidio Pecci e su tutte quelle attività inconfessabili che legano narcotrafficanti, politici, imprenditori, professionisti e uomini delle istituzioni?”

Arrestato il superboss Rocco Morabito, il più ricercato dopo Messina Denaro


Sembrava imprendibile. Si spostava da un Paese sudamericano all’altro. Rocco Morabito il superboss di ‘Ndrangheta originario di Africo secondo solo al boss stragista Matteo Messina Denaro era stato infine arrestato il 24 maggio 2021 in Brasile.
“Rocco è legato a una delle famiglie più potenti della ’Ndrangheta, quella dei Morabito, che vanta un’antica e sanguinosa storia e che compare in alcuni processi per associazione di malfattori già alla fine dell’Ottocento”.
“Il 10 febbraio 1995 viene inserito nell’elenco dei latitanti più pericolosi d’Italia, compilato dal ministero dell’Interno, fino a diventare quello più ricercato dopo Matteo Messina Denaro, l’ultimo dei Corleonesi ancora in libertà”.
Nato nel 1966 e parente del famigerato boss Peppe “Tiradritto” Morabito, su di lui pesano le accuse di associazione di stampo mafioso, traffico di stupefacenti e altri gravi reati: è considerato il re del traffico di cocaina che ha invaso la Lombardia. In Italia deve scontare 30 anni di reclusione. Una condanna al carcere alla quale era riuscito a sfuggire nel 2019 quando riuscì incredibilmente e misteriosamente ad evadere da un carcere dell’Uruguay, dove era stato recluso due anni prima. La sua fuga è finita, si spera, con la cattura avvenuta a Joao Pessoa insieme a un altro latitante italiano, Vincenzo Pasquino. Quella avvenuta a fine giugno 2019 è stata un’evasione da film resa possibile grazie a un tunnel e probabilmente grazie alla complicità di alcuni agenti della polizia penitenziaria. Da allora si erano perse le sue tracce, anche se gli investigatori sospettavano potesse trovarsi in Brasile. Su di lui si erano concentrati subito i militari del Ros dei Carabinieri che con un lavoro magistrale sono riusciti ad individuarlo e a catturarlo, di nuovo. Il boss è stato poi estradato in Italia il 6 luglio 2022.
La sua è una figura che dimostra al di là di ogni dubbio che la ‘Ndrangheta non è solo un fenomeno italiano. L’Uruguay, come tanti altri, fa parte di quel gruppo di Paesi in cui le attività mafiose trovano spazio e sono utilizzate affinché la sua struttura criminale funzioni e si espanda.

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Da sinistra: il professore, Antonio Nicaso, e il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri © Imagoeconomica

Il buco nero dell’isola di Malta


Nel lontano 2004, il governo maltese, “sotto la guida dell’allora primo ministro nazionalista Lawrence Gonzi, introdusse la prima legge sul gioco online nell’Unione europea, forse non immaginava che Malta sarebbe diventata, in così breve tempo, la zona franca del Mediterraneo. Ma, già a quei tempi, l’occhio presbite della ’Ndrangheta aveva aguzzato lo sguardo. Non c’è voluto molto perché le cosche intuissero gli enormi vantaggi offerti dal gambling online, dove le giocate avvengono su tavoli virtuali e non c’è il rischio di farsi cogliere dalle forze dell’ordine in flagrante, con le carte in mano, in qualche bisca con le nuvole di fumo a mezz’aria. Oggi, infatti, Malta possiede la più alta concentrazione di operatori del gioco d’azzardo d’Europa (con domicilio fiscale sull’isola), che garantiscono al governo di La Valletta il 12 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Un affare, quello del gioco d’azzardo, che non passa ostacolo alla prevenzione degli stessi [reati]”.
A puntare lo sguardo su questo è stata la giornalista Daphne Caruana Galizia. Quest’ultima si era imbattuta “anche nel gambling online e, partendo da questo, aveva scoperto alcuni legami tra governo e corruzione, pestando i piedi agli uomini sbagliati”. Il 16 ottobre 2017 Daphne Caruana viene uccisa con un bomba posta sotto la carrozzeria della sua auto.
“A raccoglierne il testimone – hanno scritto Gratteri e Nicaso – è il ‘Daphne Project’, un consorzio di 18 organizzazioni giornalistiche appartenenti a 15 Paesi diversi, tra cui IRPI (Investigative Reporting Project Italy) e «la Repubblica». È lo stesso consorzio a dare voce alle intuizioni di Caruana facendo luce sui tanti casi di corruzione, lungamente ignorati dal governo e dalla Malta Gaming Authority (MGA), che alimentano un giro d’affari enorme, già compromesso in partenza da licenze comprate con denaro sporco che deve essere riciclato. Nel 2021 la Procura generale di Malta chiede l’ergastolo per il magnate Yorgen Fenech, con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio della coraggiosa giornalista. Arrestato due anni prima mentre cercava di lasciare l’isola su uno yacht di sua proprietà e accusato di concorso in omicidio e associazione a delinquere, Fenech si è finora dichiarato innocente. E il processo a suo carico non è ancora iniziato”.
Il sacrificio della giornalista ha comunque rivelato che Malta non è un’isola in cui ci sono “solo spiagge, movida e corsi di inglese per stranieri, ma che cela anche un preoccupante cono d’ombra. Che Malta sia ormai diventata uno dei tanti paradisi fiscali prediletti dalle organizzazioni criminali è un fatto noto”.

Un “grande gioco” chiamato ‘Ndrangheta


Ci sarebbe ancora molto da scrivere e da raccontare su questo “grande gioco internazionale” chiamato ‘Ndrangheta: i rapporti con le massonerie deviate, con membri delle istituzioni infedeli, le stragi, i canali di riciclaggio e i paradisi fiscali.
Alla luce di quanto illustrato nel libro scritto da Gratteri e Nicaso non è più possibile pensare che la ‘Ndrangheta sia ancora una mafia ‘stracciona’ limitata a quattro regioni del sud Italia.
Ad oggi è diventata una vera e propria holding criminale internazionale che opera su diversi piani, pronta ad infiltrarsi tra le ferite aperte della società.

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani

Tratto da: Antimafiaduemila

Giustizia Mondo