La decisione di un giudice americano potrebbe compromettere l’estradizione di Assange negli USA

La decisione di un giudice americano potrebbe compromettere l’estradizione di Assange negli USA

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Un giudice degli Stati Uniti ha stabilito che Wikileaks era pienamente autorizzato a pubblicare le e-mail del Congresso Nazionale Democratico (DNC), il che significa che non è stata violata nessuna legge. La sentenza è molto importante, perchè potrebbe influenzare direttamente la richiesta di estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange, fondatore di WikiLeaks e la detenzione dell’informatrice Chelsea Manning.

La sentenza

Il 30 luglio, il giudice federale John G. Koeltl si è pronunciato su un caso intentato contro WikiLeaks ed altri soggetti in merito al presunto hackeraggio di e-mail del DNC e ha concluso che:

Se WikiLeaks dovesse essere ritenuto responsabile della pubblicazione di documenti riguardanti le strategie politico-finanziarie ed elettorali del DNC, semplicemente perché il DNC le definisce “segrete” o segreti commerciali, allora qualsiasi quotidiano o altro media potrebbe fare la stessa cosa.

In altre parole, se Wikileaks fosse sottoposto a procedimento giudiziario, dovrebbero esserlo anche tutti i media mondiali.

Il giudice ha sostenuto che:

Il Primo Emendamento esclude una tale responsabilità nello stesso modo in cui esclude la responsabilità per gli organi di stampa che pubblichino materiali di interesse pubblico, nonostante i difetti nel modo in cui i suddetti materiali fossero stati eventualmente ottenuti, a condizione che il divulgatore non abbia innanzitutto preso parte ad alcun illecito nell’ottenere tali materiali.

Significativamente, il giudice ha aggiunto che non è un atto criminale sollecitare o “accettare” documenti rubati e questo perchè:

Una persona ha il diritto di pubblicare documenti rubati che erano stati richiesti da un editore ad una fonte, purché l’editore non abbia partecipato alla loro sottrazione.

Una vittoria importante

Jen Robinson, un membro del team legale di Assange, ha descritto la sentenza del giudice come una “vittoria importante per la libertà di espressione“.

E l’avvocato statunitense di WikiLeaks, Joshua Dratel, ha affermato di essere:

molto soddisfatto del risultato, che ribadisce che i principi del Primo Emendamento si applicano a tutti i giornalisti, che lavorino per grandi istituzioni o piccole entità indipendenti.

Precedenti legali

Prima della sentenza, l’American Civil Liberties Union (ACLU) aveva presentato una memoria difensiva alla corte.

L’ACLU, nella sua memoria, ha riassunto alcuni dei precedenti legali esistenti. Ad esempio, il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti è un principio giuridico, articolato in modo più chiaro nella decisione della Corte Suprema del 2001 Bartnicki contro Vopper, [ed] è una protezione fondamentale per la stampa. È particolarmente importante per i giornalisti che si occupano di sicurezza nazionale, che spesso, nella pubblicazione di storie di notevole interesse pubblico, fanno affidamento su informazioni acquisite illegalmente da una fonte. In verità, questo principio era stato alla base della famosa decisione sui Pentagon Papers ed aveva protetto il diritto di pubblicare storie, basate su resoconti segreti, della cattiva condotta di funzionari governatvi agli inizi della guerra del Vietnam.

La memoria fa riferimento anche al fatto che:

Le rivelazioni sul programma di tortura della CIA dell’era Bush si basavano in parte sulle soffiate di informatori in tutto l’apparato governativo. Lo stesso dicasi per le storie che avevano portato alla luce gli estesi programmi di sorveglianza della NSA, storie per le quali diversi giornali avevano vinto il premio Pulitzer nel 2005 e nel 2014.

Aggiungeva poi:

Allo stesso modo, gran parte delle notizie sul Watergate si basavano su fonti anonime che avevano divulgato segreti governativi. Mark Felt, vicedirettore dell’FBI, la più nota fonte del Watergate (soprannominata “Deep Throat” [Gola Profonda]), aveva fatto notevoli sforzi per nascondere le sue comunicazioni con la stampa perché sulle sue soffiate vi era un’indagine in corso.

Inoltre:

Una fonte anonima aveva inviato oltre 2,6 terabyte di informazioni crittografate ad un giornale tedesco e ad un’organizzazione giornalistica investigativa statunitense no profit. Conosciuti come i “Panama Papers,” questi file interni di uno studio legale panamense, ormai scomparso, descrivevano in dettaglio uno schema di evasione fiscale transnazionale sviluppato per clienti facoltosi di tutto il mondo. La divulgazione dei file aveva scatenato un dibattito pubblico e molteplici proposte di riforma legale.

L’ACLU concludeva:

Una sentenza contro WikiLeaks che limitasse questa protezione [da parte del Primo Emendamento] potrebbe mettere a repentaglio il già consolidato quadro giuridico che aveva reso possibile la divulgazione di queste storie e ciò è fondamentale per garantire che il pubblico possa disporre delle informazioni necessarie per obbligare i potenti a rendere conto delle proprie azioni.

Implicazioni legali

La sentenza del giudice potrebbe quindi avere enormi implicazioni nel procedimento di estradizione statunitense contro Assange.

Greg Barns, avvocato e consulente di vecchia data del team Assange, ha dichiarato a The Canary:

La Corte, nel respingere il caso, ha riscontrato che il Primo Emendamento proteggeva il diritto di WikiLeaks di pubblicare documenti di interesse pubblico, privati o riservati, ottenuti illegalmente, applicando la stessa motivazione basata sul Primo Emendamento che era stata utilizzata per giustificare la pubblicazione dei Pentagon Papers da parte del New York Times. Tale diritto esiste, a condizione che un editore non partecipi ad alcun atto illegale che la fonte potrebbe aver commesso nell’ottenere tali informazioni. Ma ciò non include le comuni pratiche giornalistiche, come la richiesta, la sollecitazione di documenti o la collaborazione attiva con una fonte. Pertanto, questo caso è importante perché ribadisce ciò che è e ciò che non è protetto dal Primo Emendamento. Ma ha implicazioni nel procedimento di estradizione? Beh, certamente aiuta a ricordare ai tribunali del Regno Unito che la protezione fornita dal Primo Emendamento è molto estesa.

E’ noto che Assange non è in buona salute, mentre la Manning è incarcerata per essersi rifiutata di fornire ulteriori informazioni sul suo ruolo di informatrice di Wikileaks. In considerazione di quest’ultima sentenza, entrambi dovrebbero essere immediatamente rilasciati dalle rispettive prigioni.

Tom Coburg

Fonte: thecanary.co, ComeDonChisciotte

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