La Consulta dice si ai permessi premio anche a chi non collabora

La Consulta dice si ai permessi premio anche a chi non collabora

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Di Matteo: “Si apre varco pericoloso”

Le scorse settimane la sentenza sull’ergastolo ostativo della Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa Viola contro l’Italia aveva già creato i primi presupposti per generare una lunga serie di conseguenze rispetto a quei provvedimenti che lo Stato italiano aveva posto in essere in particolare a seguito della stagione stragista dei primi anni Novanta. Oggi ad intervenire sul punto è stata la Corte costituzionale e la breccia che potrebbe aprirsi potrebbe essere devastante laddove, in nome dei diritti dell’uomo, si sostiene che per l’ergastolano, sia o meno mafioso, la collaborazione con la giustizia non è più una “conditio sine qua non” per ottenere eventuali benefici carcerari.
La Consulta, infatti, ha stabilito l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’Ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo. In questo caso, la Corte – pronunciandosi nei limiti della richiesta dei giudici che hanno sollevato la questione – ha quindi sottratto la concessione del solo permesso premio alla generale applicazione del meccanismo “ostativo” (secondo cui i condannati per i reati previsti dall’articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborano con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall’Ordinamento penitenziario per la generalità dei detenuti).
Ma cosa comporta la decisione della Consulta?
Il primo effetto è che la presunzione di “pericolosità sociale” del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Un primo commento sulla sentenza è giunto dal consigliere del Csm Nino Di Matteo. Rispondendo ad una domanda dell’Adnkronos il magistrato ha deninciato il dato che “la sentenza ponendo fine all’automatismo che caratterizza l’ergastolo ostativo apre un varco potenzialmente pericoloso”. E sul prossimo impegno a cui sarà chiamata la componente politica ha aggiunto: “Dobbiamo evitare che si concretizzi uno degli obiettivi principali che la mafia stragista intendeva raggiungere con gli attentati degli anni ’92-’94. Spero che la politica sappia prontamente reagire e, sulla scia delle indicazioni della Corte costituzionale, approvi le modifiche normative necessarie ad evitare che le porte del carcere si aprano indiscriminatamente ai mafiosi e ai terroristi condannati all’ergastolo”.  Anche il Presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, ha commentato su Facebook: “La sentenza della Corte Costituzionale sull’ergastolo ostativo è un’altra sconfitta per chi crede che la mafia meriti un doppio binario e quindi una legislazione del tutto particolare ed eccezionale“. Da parte sua il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, non appena appresa la notizia della sentenza della Consulta sull’ergastolo ostativo, ha immediatamente dato impulso agli uffici del ministero di mettersi subito al lavoro per analizzare le possibili conseguenze. Del resto, ha detto il Guardsigilli, “la questione ha la massima priorità”.

Fonte: Antimafiaduemila

Cronaca Italia