Legge bavaglio, il procuratore di Milano Targetti: ”Introduce la velina di regime”

Legge bavaglio, il procuratore di Milano Targetti: ”Introduce la velina di regime”

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Tempo di lettura: 3 min

Tratto da: Antimafiaduemila

Come magistrato la giudico una legge piuttosto difficile da applicare. Come cittadino la giudico male, non mi è piaciuta per niente. Mi sembra che questa legge introduca il concetto della velina di regime“. Sono state queste le parole del procuratore capo di Milano facente funzioni Riccardo Targetti intervenendo a una tavola rotonda su “Presunzione d’innocenza e diritto di cronaca”, organizzata a Milano dall’Usigrai, il sindacato dai giornalisti Rai.
Il procuratore ha spiegato alcune delle sue perplessità in merito al decreto sulla presunzione di innocenza, entrato in vigore a novembre scorso e che impone una stretta sulla comunicazione tra autorità giudiziaria e stampa.
Mi sono chiesto – ha spiegato Targetti – nel momento in cui ho redatto la circolare applicativa se non stavo addossando al procuratore della Repubblica, in questo caso a me stesso e a chi mi succederà, un grande potere, molto maggiore di prima e se questo potere non è concentrato in maniera eccessiva per uno stato democratico“, ha detto. Ricordiamo che la legge era stata criticata dai rappresentanti dell’Associazione nazionale magistrati durante la loro audizione in Parlamento e anche da pubblici ministeri impegnati contro la criminalità organizzata, come i consiglieri del Csm Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita assieme anche al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.
Un limite della legge sulla presunzione d’innocenza è che “ha indicato due aspetti per l’autorizzazione alla notizia: l’attinenza alle indagini e l’interesse pubblico. Mentre sul primo sono ovviamente d’accordo, rispetto al secondo non penso debbano essere i magistrati a dover valutare cosa sia d’interesse pubblico, quello è un compito dei giornalisti“. “Questa legge – ha continuato – ha dato al procuratore un potere che reputo assolutamente eccessivo” ha aggiunto indicando tra le criticità vi è la difficoltà “della verifica da parte dei giornalisti della notizia“.

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Per questo, dopo averne parlato con alcuni colleghi, “sto pensando di creare un ufficio stampa nostro che possa interfacciarsi con voi giornalisti per la verifica della notizia, che è quello che vi serve. Per quanto non sia facile in una procura grande come quella di Milano, considerando che spesso tale verifica vi serva ad horas (nell’immediato, ndr)”.  Da questo punto di vista la procura di Milano si può dire che si discosta molto dal modello della procura capitolina guidata dal procuratore della repubblica Francesco Lo Voi il quale ha emanato una circolare piuttosto stringente in merito alle comunicazioni tra la polizia giudiziaria e la stampa.
Però, da magistrato, io le leggi le applico, e quindi l’ho applicata” – ha aggiunto Targetti, ribadendo che – “la novità di questa legge, però, è che introduce il potere di vaglio del procuratore anche per le notizie provenienti dalle forze di polizia giudiziaria. E con ciò crea tutti i problemi che avete esposto: mettendomi nei vostri panni – ha detto il magistrato rivolgendosi ai giornalisti – mi rendo conto dell’impossibilità di avere la verifica se la notizia percepita, raccolta, individuata con le vostre fonti sia vera oppure no”.
La verifica – ha aggiunto – è fondamentale, va fatta subito e la dovete chiedere a qualcuno: prima avevate più possibilità di chiederla, adesso molto meno, e questo è qualcosa che rende l’informazione monca. È corretto che in una democrazia viga questo sistema? Io ho cercato di delimitare la portata di questa normativa, intanto lasciando fuori tutto quello che viene prima del procedimento penale, per esempio tutta l’attività di carattere amministrativo svolta dalle forze dell’ordine, come le verifiche ispettive della Guardia di finanza. E poi la legge non riguarda le interviste, che per me possono essere sicuramente date, non dai magistrati – perché la legge del 2006 lo vieta – ma dai comandanti delle forze dell’ordine. Ho anche cercato di spiegare che l’interesse pubblico va valutato anche in relazione a un contesto locale”.

Tratto da: Antimafiaduemila

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