Bancarotta di FTX. Il buco nero che rischia di trasformarsi in un vaso di Pandora

Bancarotta di FTX. Il buco nero che rischia di trasformarsi in un vaso di Pandora

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Dopo una settimana drammatica fatta di annunci, smentite e conferme, FTX ha dichiarato bancarotta l’11 novembre, il caso “Aid for Ukraine” è emblematico

Tratto da: Giubbe Rosse

FTX è un exchange di criptovalute creato dai trader, per i trader. FTX offriva prodotti innovativi tra cui derivati del settore, opzioni, prodotti di volatilità e token con leva. Lavorava per sviluppare una piattaforma “sufficientemente solida”.

Su un articolo del SOle 24 Ore leggiamo che con un comunicato sul suo profilo Twitter ufficiale, l’exchange ha annunciato di aver dichiarato fallimento e di aver presentato istanza presso il tribunale di aderire al Capitolo 11: l’adesione alla protezione del Capitolo 11 (Chapter 11) è l’equivalente della procedura italiana di fallimento e di gestione dei crediti residui per rimborsare gli aventi diritto.
Contestualmente alla dichiarazione di fallimento, Sam Bankman-Fried, che in questi mesi era salito alla ribalta delle cronache cripto per le innumerevoli acquisizioni fatte dalla sua società, si è dimesso dalla carica di CEO. Il suo posto è stato preso da John J. Ray III, anche se il CEO uscente rimarrà per assistere nella transizione.

In base a quanto risulta a Reuters da due fonti vicine alla vicenda che fino a pochi giorni fa ricoprivano incarichi di alto livello all’interno dell’azienda, il fondatore dell’exchange Sam Bankman-Fried (SBF) avrebbe trasferito segretamente 10 miliardi di fondi dei clienti da FTX alla società di trading di famiglia Alameda Research. Da allora una parte di questa cifra è svanita nel nulla, si parla di circa 600milioni di dollari.

Riepilogo della situazione

Il thread di Francesco Lenzi ci offre un eccellente riepilogo di quello che è avvenuto in FTX prima della dichiarazione di fallimento di tre giorni fa.

Nel novembre 2017 [Sam] Bankman-Fried fonda Alameda Research per speculare sul prezzo delle criptovalute. All’inizio del 2018 muove circa 25 milioni di dollaro al giorno. Ma, per crescere e migliorare le performance, ha bisogno di aumentare i volumi.
Come fa? Con il lancio di un exchange FTX.
L’exchange è di fatto una borsa valori, dove si scambiano cripto, dove affluiscono i depositi della nuova clientela. FTX offre il beneficio per Alameda di operare riducendo i margini a garanzia che deve agli altri exchange. Ma è poca cosa. La ciccia viene dopo.
FTX permette ad Alameda di prendere a prestito parte dei titoli dei suoi clienti per speculazioni in proprio. Aumentare i volumi che muove senza raccogliere fondi a giro. Ottimo.
Chiaramente il prestito non è coperto in $/€, siamo nel cryptospace.
Cryptoponzi.
FTX crea il suo token (FTT) e Alameda lo sottoscrive in parte, iniziando a pomparne il valore. Nel frattempo, lo ripresta a FTX, facendo di fatto dei repo tra le due braccia di una stessa unità: da una parte le cripto dei clienti, dall’altra FTT.
Che succede se un cliente vuole ritirare la propria posizione? L’exchange vende FTX e ricrea la posizione del cliente che vuole uscire.
Come in ogni buon schema piramidale che si rispetti, va tutto bene fino a quando i nuovi clienti sono sempre di più di quelli che escono. Va tutto bene fino a quando FTT mantiene il suo valore. FTX cresce e la sua omologa USA diventa il primo exchange negli Stati Uniti. Tra il 2021 e l’inizio del 2022 raccoglie 2,1 mld di dollari veri.
La valutazione a gennaio 22 era di 32 miliardi di dollari. Riesce anche a navigare nel crollo del cosiddetto ecosistema Terra, un altro schemettino saltato a maggio. A giugno va in salvataggio di Blockfi, una società di prestiti in criptovalute, con un prestito da 250 milioni di dollari e Voyager, con altri 500 milioni.
Poi arriva il 2 novembre, il giorno dei morti (sic.) e l’articolo di Coindesk. Da lì la valanga.
Gli assets di Alameda valgono 14,6 miliardi di dollari. Di questi, però, 3,66 miliardi sono FTT “liberi” e 2,16 miliardi sono invece impegnati in prestiti collateralizzati.
E lo sputtanamento inizia quando Binance, il boss degli exchange, ufficialmente ritiene che il rischio di detenere FTT sia a questo punto troppo elevato (o perché vuol far saltare FTX e papparsene le spoglie). Liquida tutto quello che ha in FTT: controvalore di circa 500mln.
Come può un exchange che era valutato 32 mld a gennaio e muove miliardi di scambi ogni giorno andare in crisi per 500 milioni?
Può, perché è tutta fuffa. Non c’è nessun backstop, se non la fiducia dei nuovi entranti.
I 500 milioni deprimono il valore di FTT e il castello cade. I clienti devono liquidare perché impauriti o perché non hanno da reintegrare i margini richiesti a chi specula a leva. Il valore si deprime ancora di più, alimentando nuove richieste di margine. L’exchange blocca le vendite e cerca un salvatore.
Binance, guarda caso, si offre. Il buco, però, è troppo grosso anche per Binance. 8 miliardi? 10?
Alla fine FTT sta tornando al suo valore. Zero. Alameda, FTX e società collegate in fallimento.
Avanti il prossimo.

 

Bancarotta FTX. “Aid for Ukraine”, dollari Usa depositati nella banca nazionale ucraina tramite FTX

Il 14 marzo il governo ucraino ha lanciato un nuovo sito Web per le donazioni di criptovalute, semplificando il suo sforzo multimilionario per trasformare bitcoin in proiettili, bende e altro materiale bellico.
“Aid for Ukraine”, che ha il sostegno dell’exchange di criptovalute FTX, della piattaforma di staking Everstake e dell’exchange Kuna ucraino, indirizzerà le criptovalute donate alla Banca nazionale ucraina. È coinvolto anche il Ministero della Trasformazione Digitale dell’Ucraina, esperto di criptovalute.
Gli sforzi collettivi del paese hanno già raccolto circa 48 milioni di dollari in bitcoin (BTC), DOT, ether (ETH), SOL, tether (USDT) e altre criptovalute, secondo il sito web. Altre stime collocano l’importo più vicino a $ 100 milioni, ma i totali variano con le oscillazioni del mercato e esattamente quali siti Web sono inclusi.
FTX sta convertendo le donazioni in fiat per il deposito presso la Banca nazionale ucraina, afferma un comunicato stampa. Ha descritto questa relazione come una “assoluta novità”.

Il caso dell’Aid for Ukraine è emblematico.
Lo scorso marzo FTX ha ricevuto Bitcoin dai cittadini americani per finanziare l’Ucraina proponendosi come intermediaria. Naturalmente, l’Ucraina aveva bisogno di denaro fiat, cioè dollari, Euro ecc., per acquistare ciò che le serviva. Dunque, in teoria FTX avrebbe dovuto vendere sul mercato i Bitcoin ricevuti dai cittadini e depositarli (in dollari, Euro ecc.) presso la Banca nazionale dell’Ucraina. Sfortunatamente, non è quello che pare sia successo.

FTX si sarebbe tenuta i Bitcoin e avrebbe depositato sul conto della Banca nazionale ucraina denaro prelevato dal proprio saldo di denaro fiat (in dollari), che poi era costituito essenzialmente dai depositi dei suoi utenti. I Bitcoin li avrebbe, invece, usati nel frattempo per fare trading, prestiti ad altre società e altri allegri giochi d’azzardo. FTX è arrivata a salvare altre società. Meraviglioso, no? Peccato che FTX usasse soldi non suoi.

Come in ogni schema Ponzi che si rispetti, il gioco funziona fintanto che arrivano nuovi investitori immettendo denaro fresco. Si rompe non appena i primi furbi cominciano a insospettirsi e iniziano a chiedere di vendere i loro Bitcoin per monetizzare. Quando il valore di Bitcoin è crollato, FTX si è ritrovata indebitata fino al collo e inadempiente.

Foto: aggm news

Cronaca Economia