Trattativa in Vaticano: svolta nel caso di Emanuela Orlandi. Si riaprano le indagini

Trattativa in Vaticano: svolta nel caso di Emanuela Orlandi. Si riaprano le indagini

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Giancarlo Capaldo, il magistrato che già si era occupato del caso della scomparsa di Emanuela Orlandi, sarebbe pronto e disponibile, qualora fosse chiamato dall’autorità giudiziaria, a rivelare i nomi di alte personalità del Vaticano che, tra il 2011 e il 2012, si erano presentati negli uffici della procura di Roma per proporgli una ‘trattativa’:  il ritrovamento della giovane in cambio della riesumazione del corpo di Enrico De Pedis, detto Renatino, noto esponente della Banda della Magliana ucciso nel 1990, inspiegabilmente sepolto nella cripta della chiesa di Sant’Apollinare – lo stesso complesso dalla quale è sparita Emanuela – grazie ad una dispensa speciale dell’allora presidente della Cei, il cardinale Ugo Poletti.
E’ questo quanto è emerso ieri durante la trasmissione Atlantide condotta da Andrea Purgatori a cui hanno partecipato anche il legale della famiglia Orlandi Laura Sgrò e il fratello della ragazza scomparsa Pietro Orlandi. Questi fatti, si è precisato, potrebbero portare ad una riapertura delle indagini dopo che nel 2015 l’allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone ne aveva chiesto e ottenuto l’archiviazione insieme agli altri pm Simona Maisto e Ilaria Calò. Archiviazione accolta infine dal gip Giovanni Giorgianni.
Chi erano queste alte personalità? Prelati? Cosa si muoveva all’interno del papato di Joseph Aloisius Ratzinger? E perché un cardinale aveva fatto seppellire un criminale come Pedis in quella basilica?
Un caso particolare, quello di Emanuela, dove ancora una volta troviamo depistaggi, muri di gomma e omissioni investigative importanti. Di casi come questi l’Italia ne è piena. Basti pensare ad Attilio Manca, il medico siciliano trovato cadavere nella sua casa a Viterbo il 12 febbraio del 2004, oppure alla scomparsa di Mauro De Mauro. L’elenco sarebbe troppo lungo per riportalo qui.
Era il 17 novembre scorso quando il magistrato Giancarlo Capaldo nel corso della presentazione a Roma del libro ‘La ragazza scomparsa’, aveva rivelato per la prima volta questo episodio inedito sul caso di Emanuela Orlandi, la ragazza di 15 anni figlia di un commesso della Prefettura della casa pontificia scomparsa a Roma il 22 giugno 1983 rimasta vittima forse di quel mondo oscuro nascosto dietro le mura Leonine. Il Vaticano – ha detto – “doveva decidere di fare questo passo che avrebbe consentito alla famiglia di abbracciare Emanuela. Questo è stato un momento che mi ha visto protagonista perché ho avuto dei contatti col mondo vaticano di alto livello che si erano resi disponibili“. Capaldo nella sua ricostruzione aveva fatto intendere che questa trattativa si era interrotta nel momento dell’apertura della tomba dell’ex boss della Banda della Magliana, Renatino De Pedis. Di tutto questo però nulla era stato verbalizzato.

Io mi ritrovo a essere procuratore reggente di Roma –  ha detto l’ex magistrato ad Atlantide – e chiedono di conferire con me due personaggi importanti del Vaticano” importanti “anche sotto il profilo  politico – criminale e investigativo“. “Il Vaticano – ha continuato – gradì la riesumazione del corpo di De Peris in cambio del ritrovamento di Emanuela“.
Il collegamento con la banda della Magliana è stato ipotizzato fin dalle prime fasi delle indagini per due ragioni: gli identikit di alcuni amici di Emanuela riconducevano a determinati soggetti della Banda della Magliana e perché dalle “dichiarazioni rese da Sabrina Minardi, la compagna di Enrico di Peris” era emerso “il collegamento della banda della Magliana con il caso di Emanuela Orlandi”.
Durante la trasmissione l’ex magistrato non ha voluto rispondere a tutte le domande del giornalista Purgatori ma ha volontariamente indicato delle circostanze su cui può maturarvi un ragionevole dubbio: c’erano altre persone oltre a lui durante il colloquio? La conversazione è stata registrata? E l’identità di questi ‘alti emissari del vaticano’?
Tutte domande che troveranno (si spera) risposta nelle adeguate sedi giudiziarie.

Ricorso al Csm
L’avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi, ha fatto sapere di aver depositato presso il Csm – nello specifico alla prima commissione – la richiesta di apertura di una pratica per verificare le responsabilità disciplinari di tutti i magistrati titolari del procedimento penale relativo alla scomparsa di Emanuela Orlandi e per la mancata verbalizzazione dei predetti colloqui. Per fare chiarezza questa istanza era stata avanzata il 25 novembre scorso. “Il dottor Capaldo – si legge nel documento – ha riferito, sempre nel corso della presentazione di una interlocuzione con alti vertici vaticani durata circa due mesi, avvenuta poco prima dell’apertura e della traslazione della tomba di Enrico De Pedis, detto Renatino, noto esponente della Banda della Magliana, inspiegabilmente sepolto nella cripta della chiesa di Sant’Apollinare. Tale ultimo avvenimento è del giugno 2012″. “Tutto quanto premesso, la sottoscritta avvocato chiede con la massima urgenza venga convocato e ascoltato il dottor Giancarlo Capaldo“.
Durante la trasmissione è stato anche sentito il fratello della giovane scomparsa, Pietro Orlandi, il quale ha espresso la sua soddisfazione in merito a questo passo che l’ex magistrato ha deciso di intraprendere.

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La replica di Pignatone


Per dovere di cronaca riportiamo qui di seguito la replica, pubblicata sul Corriere della Sera, del presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone. “Il dottor Capaldo non ha mai detto nulla, come invece avrebbe dovuto, delle sue asserite interlocuzioni con ‘emissari’ del Vaticano alle colleghe titolari, insieme a lui, del procedimento. Nulla in proposito egli ha mai detto neanche a me, che pure, dopo avere assunto l’incarico di Procuratore della Repubblica (19 marzo 2012), gli avevo chiesto di essere informato dettagliatamente del ‘caso Orlandi’”. “Dopo il mio arrivo a Roma – prosegue Pignatone – il dottor Capaldo ha continuato per oltre tre anni a dirigere le indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, sentendo personalmente testimoni e indagati, disponendo intercettazioni e attività di polizia giudiziaria e nominando consulenti; egli ha anche coordinato, intervenendo sul posto, le attività per la rimozione della salma di Enrico De Pedis dalla tomba nella Basilica di Sant’Apollinare e i successivi scavi nella cripta che hanno portato al rinvenimento di alcuni scheletri e di numerosissimi frammenti ossei non riconducibili però alla Orlandi”. “Io non ho mai ostacolato in alcun modo nessuna attività di indagine disposta dal dottor Capaldo o dalle altre colleghe – dichiara Pignatone -. Non ho mai avocato il procedimento relativo alla scomparsa di Emanuela Orlandi“. “La richiesta di archiviazione – ricorda – è stata decisa a maggioranza tra i colleghi titolari del procedimento. Io ho condiviso e ‘vistato’, quale Capo dell’Ufficio, tale richiesta, mentre il dottor Capaldo, che non era d’accordo, ha rifiutato – come era suo diritto – di firmarla”. L’ex capo della procura romana ricorda anche che “la richiesta, presentata il 5 maggio 2015, è stata accolta dal gip, dopo che i familiari della Orlandi avevano presentato opposizione, il 19 ottobre dello stesso anno e confermata definitivamente dalla Cassazione il 6 maggio 2016. Solo dopo essere andato in pensione (23 marzo 2017), il dottor Capaldo ha riferito in libri e interviste delle sue asserite interlocuzioni con emissari del Vaticano”. “Aggiungo infine un ultimo particolare – conclude Pignatone -: la circostanza della sepoltura di De Pedis nella basilica non fu scoperta nel 2012 grazie ad un anonimo, come si afferma nell’articolo così da ricollegarla temporalmente alle asserite ‘trattative’. Essa, infatti, era nota fin dal 1997 ed era stata oggetto di articoli di stampa e di polemiche”.

Tratto da: Antimafiaduemila

Giustizia Italia