Stragi ’93 e mandanti esterni. Baiardo parla con i pm e scatta una perquisizione

Stragi ’93 e mandanti esterni. Baiardo parla con i pm e scatta una perquisizione

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Tempo di lettura: 4 min

di Giorgio Bongiovanni e Aaron Pettinari

Da quando il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, intercettato nel carcere di Ascoli Piceno assieme al boss camorrista Umberto Adinolfi, ha parlato di Silvio Berlusconi, facendo riferimento alla sua discesa in campo ed alla “cortesia” che lo stesso gli avrebbe chiesto, a Firenze è stata riaperta l’inchiesta sui mandanti esterni delle stragi in Continente del 1993 (Firenze, Roma, Milano).
Accanto al nome dell’ex Premier, nel fascicolo, ad essere iscritto nel registro degli indagati è l’ex senatore Marcello Dell’Utri (già condannato definitivo per concorso esterno in associazione mafiosa e in primo grado, a Palermo, condannato a 12 anni per la trattativa Stato-mafia).
Un’indagine che nel corso del tempo si è rafforzata dopo le dichiarazioni dello stesso Graviano nel processo ‘Ndrangheta stragista e, a seguire, quelle di Salvatore Baiardo, il gelataio piemontese che gestiva la latitanza dei Graviano negli anni delle bombe.
Baiardo, che davanti ai microfoni di Report lo scorso gennaio aveva confermato gli avvenuti incontri tra Graviano e Silvio Berlusconi (“Sono stati più di tre, io li ho visti”), ribadendo che già tra il 1991 ed il 1992 si parlava dell’ingresso in politica dell’allora imprenditore, sta riempendo i verbali dei pm fiorentini, i procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco.
Secondo quanto riferito da larepubblica.it vi sarebbero stati ben quattro interrogatori, alla presenza degli investigatori della Dia: l’8 settembre e il 13 ottobre 2020, il 14 gennaio e l’8 febbraio 2021.
Un vero e proprio cambio di rotta rispetto alla metà degli anni Novanta quando fu sentito a sommarie informazioni dai carabinieri di Palermo e successivamente convocato dai magistrati Gian Carlo Caselli e Luigi Patronaggio rifiutandosi di parlare.

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Tempo dopo fu oggetto di un’informativa della Dia di cui ha parlato nel processo di Reggio Calabria il capo della Direzione centrale anticrimine della polizia, Francesco Messina.
Quest’ultimo ha raccontato che Baiardo, il quale all’epoca non voleva comparire, tanto che fu utilizzato il termine ‘persona indagata nel procedimento penale 3309/93, (il processo sulle stragi, ndr), disse di aver frequentato i Graviano fra il 1989 e l’inizio del 1994.
Ma affermò anche di aver assistito a una telefonata tra Filippo Graviano e Marcello Dell’Utri.
“Ci disse che in quelle telefonate si evinceva che i due avevano in comune interessi economici – aveva ribadito Messina nel maggio 2020 – Nella prima di queste telefonate, avvenute fra il ‘91 e il ‘92, aveva capito che l’interlocutore era Dell’Utri perché Filippo Graviano aveva pronunciato questo nome per farsi annunciare”.
Inoltre era a conoscenza dei rapporti che i Graviano avevano con settori dell’imprenditoria e della politica. “Nel corso di vari incontri intrattenuti con i fratelli Graviano e Cesare Lupo, Baiardo aveva ricevuto dettagli sui rapporti che legavano i Graviano a Dell’Utri e che in questo contesto di comuni affari c’era anche tale Fulvio Lima di Palermo, parente di Salvo Lima. Poi aveva aggiunto che questo imprenditore di origini palermitane chiamato Rapisarda si era prestato a investimenti immobiliari sia in Lombardia, sia in Sardegna e che era un prestanome dei Graviano” ha riferito sempre Messina. Inoltre Baiardo riferì anche di “averlo accompagnato fisicamente in un ristorante milanese che si chiama ‘L’Assassino’ in cui i due avrebbero dovuto incontrare Dell’Utri, ma che lui poi non avrebbe assistito all’incontro”. Un incontro che sarebbe avvenuto tra il 1992 ed il 1993. Alla fine, però, Baiardo si rifiutò di firmare qualsiasi dichiarazione. E tutto finì registrato solo nell’informativa.
Oggi ai pm avrebbe raccontato nuovamente delle vacanze organizzate per i boss palermitani tra Forte dei Marmi, Venezia e la Sardegna. Rispetto ad allora, però, Baiardo avrebbe anche riferito di un soggetto finora mai comparso in alcuna indagine. Secondo larepubblica.it si tratterebbe di un esponente politico piemontese, attualmente sindaco di un piccolo centro del Verbano.
Secondo il “gelataio” di Omegna sarebbe proprio tramite questo soggetto che lui avrebbe potuto investire i soldi dei Graviano, circa un miliardo e mezzo delle vecchie lire. E i pm fiorentini stanno cercando i dovuti riscontri per capire l’attendibilità delle dichiarazioni tanto che la Dia di Firenze, scrive il quotidiano, ha perquisito l’abitazione dell’esponente politico.


I verbali di Baiardo davanti ai pm di Firenze sono secretati. E non sarebbero gli unici. Perché anche Graviano è stato sentito dai pm fiorentini. Se abbia o meno confermato ciò che disse nel corso del processo che lo ha visto condannato ad un nuovo ergastolo per gli attentati ai carabinieri in Calabria non è dato saperlo. Restano le domande, tante, sul perché Baiardo oggi si sia deciso a parlare. Le motivazioni sono le stesse che possono aver indotto il capomafia di Brancaccio ad accettare di interrompere il proprio silenzio rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo?
Baiardo nell’intervista a Report aveva evidenziato come la “speranza” di Graviano fosse la possibilità di “tirar via il 41 bis, che l’ergastolo venga abrogato”.
Ed è proprio in questi giorni che la Consulta sarà chiamata a decidere sull’ergastolo ostativo e la possibilità di concedere la libertà condizionale anche ai boss condannati senza la ‘conditio sine qua non’ della collaborazione con la giustizia.
Nell’attesa qualcosa trapela e la ricerca della verità sulle stragi non può esaurirsi.
Perché così come la Presidente della Corte d’Assise di Reggio Calabria ha scritto nelle motivazioni della sentenza ‘Ndrangheta stragista, nelle dichiarazioni di Giuseppe Graviano vi sono alcune circostanze che “meritano certamente di essere valutate ed approfondite nelle sedi competenti nella speranza che possano giovare finalmente a fare completa chiarezza su avvenimenti che hanno segnato e continuano tuttora a segnare la storia dell’Italia”.

Tratto da: Antimafiaduemila

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