Si torna a parlare dello spyware israeliano Pegasus: più dubbi che certezze

Si torna a parlare dello spyware israeliano Pegasus: più dubbi che certezze

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Tempo di lettura: 3 min

Di Francesco Piras

Sarebbero oltre 50mila i numeri di telefono di attivisti per i diritti umani, giornalisti, avvocati e politici messi sotto sorveglianza da parte di diversi governi grazie allo spyware israeliano “Pegasus”, venduto dalla NSO Group, la quale però assicura che il programma servirebbe esclusivamente alla lotta contro criminalità e terrorismo. Una fuga di notizie ha portato ad un’indagine clamorosa, condotta da 16 testate internazionali, tra le quali Forbidden Stories, ONG francese, e Amnesty International. Il software in questione sarebbe in grado di estrarre foto, messaggi, e-mail e dati dagli smartphone, ma anche di registrare chiamate e far partire telecamera e microfono all’insaputa del proprietario. L’elenco dei nomi fin qui ritrovati racchiude in sé 85 attivisti per i diritti umani, 189 giornalisti, e più di 600 tra politici e funzionari governativi. Nella lista comparirebbero anche i numeri di diversi Capi di Stato e Primi Ministri, oltre che alti funzionari di organizzazioni internazionali ed istituzioni europee, quali il Presidente del Consiglio europeo Michael, il Direttore Generale dell’OMS Ghebreyesus, e il Presidente francese Emmanuel Macron. Inoltre, tra le vittime di hacking figurano due donne legate a giornalisti uccisi, il messicano Cecilio Pineda Birto e il saudita Jamal Kashoggi, ma anche la direttrice del FT Roula Khalaf.
Durissima la reazione dell’Eliseo, che ha parlato di “oltraggio alla privacy” condotta da una organizzazione criminale. Se fosse confermato, “sarebbe del tutto inaccettabile” ha commentato la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen. Il garante per la privacy italiano ha domandato risposte entro 20 giorni alla società che gestisce il software finito nella bufera. È stato chiesto alla società israeliana a cui fa capo il software di comunicare all’autorità, entro i prossimi 20 giorni, il ruolo che essa riveste rispetto ai trattamenti correlati all’utilizzo di Pegasus. Sul banco degli imputati 20 Paesi in 4 continenti. In Europa solo l’Ungheria.

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Forbidden Stories, la ONG francese che ha condotto l’inchiesta di concerto con Amnesty International, non sembra affatto super partes. Finanziata dalle Open Society Foundations facenti capo al magnate George Soros, oltre che da una pletora di altre organizzazioni e fondazioni più o meno influenti, quali Limelight Foundation, Luminate o Pulitzer Center, Forbidden Stories “assicura che i giornalisti sotto minaccia possano mettere al sicuro le proprie informazioni”, o che “se qualcosa capita loro (ai succitati giornalisti, ndr), assicureremo la sopravvivenza delle loro storie, oltre i confini, oltre i governi, oltre la censura”. Strano, però, il fatto che non si riesca a trovare alcuna informazione o presa di posizione in merito al caso di Julian Assange, ad esempio. Ancor più strano il fatto che, nonostante si presenti come paladino della giustizia, George Soros, tramite la sua International Renaissance Foundation, avrebbe partecipato attivamente alla progettazione ed alla attuazione delle riforme in Ucraina, oltre che all’estensione di un graduale “supporto per la spesso dolorosa transizione dell’Ucraina verso la democrazia e l’economia di mercato”, a seguito del crollo dell’URSS del 1991. Anche Victoria Nuland, diplomatica dell’Amministrazione Obama responsabile della politica euroasiatica americana, oltre che 18° rappresentante permanente degli Stati Uniti presso la NATO dal giugno 2005 al maggio 2008, nel 2013 avrebbe affermato: “Fin dall’indipendenza dell’Ucraina del 1991, gli USA hanno supportato gli ucraini, mettendo in piedi capacità ed istituzioni democratiche, e promuovendo partecipazione civica e una buona governance, tutte precondizioni per la concretizzazione delle aspirazioni europee dell’Ucraina. Abbiamo investito più di 5 miliardi di dollari per assistere l’Ucraina nell’ottenimento di questi ed altri obiettivi, che assicureranno un’Ucraina prospera e democratica”.
Dello spyware Pegasus si era già venuti a conoscenza nel 2018, come riportato da un articolo del NY Times. Dunque, non si comprende perché la notizia venga “spinta” così tanto oggi. Si tratta forse di strumentalizzazione per scopi politici e non? Staremo a vedere. Resta il fatto, però, che è sempre bene andare a verificare chi si trova dietro determinati movimenti, determinate notizie, determinate campagne e movimenti politici. Perché forse, così facendo, si può risalire ai veri manovratori degli eventi della storia, a coloro che hanno interessi che esulano dai micro-avvenimenti economico-sociali e politici, e che muovono i fili di un disegno molto più grande di quel che si può immaginare.

Tratto da: Antimafiaduemila

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