Il capitalismo e la ricerca dello spazio perduto

Il capitalismo e la ricerca dello spazio perduto

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Come è già accaduto per l’elezione di Trump a presidente degli USA, anche il viaggio spaziale di Branson pare sia stato anticipato in una puntata dei Simpson del 2014.

Il magnate inglese nell’orbita c’è andato davvero e, forse, Groening&co. hanno intuito che con la sua compagnia, dopo aver finanziato e inaugurato nell’ottobre del 2011 il primo aeroporto spaziale nel New Mexico, il viaggio iniziale lo avrebbe voluto fare direttamente lui.

La compagnia è la Virgin Galactic ed è stata creata proprio per aprire il nuovo mercato dei voli spaziali, per ora solo suborbitali.

Nel 2014, all’interno del programma Tier One, coperto da fondi solo privati, fu fatto il primo tentativo che, però, ebbe un epilogo tragico: l’esplosione in volo del motore a razzo ibrido dell’aeronave SpaceShipTwo provocò la morte del copilota e il grave ferimento del pilota.

Nel 2018, la Virgin Galactic sigla un accordo con un’importante società italiana, la SITAEL di Mola di Bari, il cui amministratore delegato è Nicola Zaccheo, che ha lo stesso ruolo in altre aziende private del settore aerospaziale, tra cui ALTA spa, Aurelia Microelettrica e Caen Aurelia Space, ma anche in ente pubblici: da ottobre del 2020 è presidente dell’ART, autorità di regolazione dei trasporti, dopo essere stato fino ad allora a capo dell’ENAC.

L’accordo prevede anche la costruzione di un nuovo veicolo spaziale con la tecnologia fornita dalla società pugliese. Il biglietto pagato per salire sulla navicella di Branson è stato di circa 250 mila euro per i 3 fortunati pretendenti.

Al magnate inglese ha prontamente risposto Jeff Bezos, celebre capo di Amazon, a bordo della new Shepard della compagnia Blue origin, sempre di sua proprietà, stavolta dal Texas, ricevendo anche le congratulazioni da parte della NASA. Agli americani stanno più simpatici i cowboy.

Il pesante inquinamento del Nord Italia visto dallo spazio grazie al satellite europeo Sentinel-5P

Un razzo pulito, come dicono: produce bassissime emissioni di fuliggini e ossido di alluminio, tra le altre sostanze, che, comunque, anche in piccole particelle possono provocare un impatto sproporzionato, come afferma Darin Toohey, dell’Università del Colorado.

I passeggeri erano amici e parenti e non pare ci sia stato un biglietto: Bezos ha dato loro un passaggio nell’orbita, insomma. D’altronde, ha un patrimonio stimato molto più alto del rivale.

Alla mera cronaca, con il suo portato di enfasi e critica, segue sempre la ricaduta politica. Al netto dei costi economici e ambientali, cosa comunicano questi due viaggi nello spazio, a distanza di così poco tempo l’uno dall’altro?

Innanzitutto, che c’è uno ‘spazio di mercato’ finora inimmaginabile fuori dal mercato terrestre: il fiorente turismo spaziale è solo uno di questi, il più evidente; che nell’idea di ‘sana competizione’, due imponenti compagnie, promanazioni di società quotate, si stanno già facendo concorrenza; che lo spazio sarà un lusso per pochi.

Ma, soprattutto, che il paradigma liberista ha portato a un’intollerabile polarizzazione delle ricchezze, dunque dei capitali, e che il ruolo degli Stati è decisamente deprimente, quanto inerte.

Al di là del grado di secolarizzazione, ogni religione ha bisogno del suo simbolismo rituale per continuare a sostenersi e, nel caso del capitalismo, per divorare e distruggere. L’occupazione dello spazio ha, per l’appunto, una portata simbolica spietata: ci comunica che la ‘mano invisibile’ arriva prima di tutti, senza avversari, fisici e ideali, anche nell’efferata corsa verso nuovi spazi fuori dell’emisfero terrestre.

È da decenni che assistiamo a spedizioni e, in qualche modo, il modello capitalistico aveva già creato una specie di mercato, quello satellitare. Ma è stato sempre realizzato dallo sforzo dei governi, sebbene rappresentanti smaccati del paradigma liberista.

La “graziosa e dolce” luna del pastore errante leopardiano è stata la prima ad essere occupata: l’ingegno di Astolfo è stato sostituito con Armstrong, la forza fantasiosa dell’ippogrifo con l’Apollo 11.

In quel caso, oltre alla risposta tecnologica e politica, la NASA ribatteva simbolicamente al sorriso positivo e pacifico di Gagarin e al primato di Valentina Tereskova, che ormai da oltre 10 anni monopolizzava l’Universo: di tutti e raggiungibile da tutti.

Ora, sono state aperte le finestre al privato, sia fisico, sia concettuale. E il privato vende, ieraticamente vende un sogno: “accumula che, forse, ti paghi un viaggio nello spazio!”.

Un nuovo prototipo di self-made man che ha come scopo la realizzazione della futura salvezza della propria genìa: non proprio in cielo, ma ci andiamo vicino. E ti comunica, pure, che le regole le detta il capitale che ci porteremo e ci porterà fino alla fine. Un mercato a cui può accedere solo un’élite di aristoi, ultraricchi chiaramente.

Sfruttare ancora: lo spazio come terreno di conquista e produzione. Immaginate l’universo infinito diviso in tanti pezzi di proprietà privata finita e l’astronave come nuovo treno a vapore.

‘Se per caso cadesse il mondo’, loro si sono portati avanti nella redenzione di classe.

Speriamo sia solo astratta distopia. L’universo, d’altronde, è un mercato da conquistare: senza popolazioni viventi da sfruttare, ma qualora dovessimo tentare una colonizzazione aliena, almeno nelle pause, consentite loro l’utilizzo della toilette.

* Docente Precario di Letteratura italiana e latina nei licei, prossimo dottore di ricerca in Filologia classica presso l’università Carlos III di Madrid

Tratto da: Contropiano.org

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