I diritti umani e la memoria selettiva dell’occidente

I diritti umani e la memoria selettiva dell’occidente

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Tempo di lettura: 2 min
Di Gianpasquale Santomassimo *
La problematica dei “diritti umani” è intricatissima, densa di storia e dalla bibliografia sterminata. Nessuno può sensatamente pretendere di intervenire sull’argomento negli spazi consentiti da un social network.
Qualcosa però si può osservare sulla ideologia che attorno ai diritti umani si è formata nell’ultima fase della storia occidentale, sulle implicazioni e sulle contraddizioni che con molta evidenza sorgono.
Abbiamo negli ultimi giorni editoriali che in forma stentorea ripropongono la necessità della loro affermazione universale, con le buone o le cattive, sembra di capire.
Il commissario europeo ammonisce dicendo che non possiamo voltarci dall’altra parte su questi temi. in realtà lo facciamo spesso, e l’esempio del Medio Oriente mostra quanto la nostra sensibilità sia estremamente selettiva. Sui diritti umani dei palestinesi ci voltiamo dall’altra parte spesso e volentieri. Anzi facciamo di più, e spesso organizziamo manifestazioni di sostegno agli aguzzini.
Incidentalmente, dobbiamo anche ricordare che molta gente sui diritti umani ci campa, e interi settori della società e anche dell’accademia gestiscono estensione e selettività del tema.
Ma qui vorrei suggerire un unico tema di riflessione, che è quello che potremmo definire della storicità dei diritti, della cronologia della loro sofferta affermazione e della pretesa di simultaneità che viene implicitamente teorizzata.
In buona sostanza, credo non si debba dimenticare che stiamo parlando di traguardi a cui l’Occidente è giunto in tempi relativamente recenti e in maniera sempre conflittuale.
All’uscita dalla seconda guerra mondiale gli inglesi condannavano un eroe di guerra alla castrazione chimica perché omosessuale e lo inducevano al suicidio. In Italia alla vigilia del ’68 avevamo il caso Braibanti e un inquietante processo per “plagio”. Induzione al suicidio anche in Italia per un omosessuale arrestato ingiustamente per il “caso Lavorini”. (Per tutto il 1969 noi studenti di Lettere o Architettura andammo in Facoltà o nelle assemblee nella mitica Aula 2 passando accanto a una grande scritta che diceva “Lavorini in corso” e a una più piccola a fianco: “Bimbi belli / bimbi sani / con la fava del Meciani”).

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I diritti della donna si affermavano lentamente e con difficoltà in un paese in cui esisteva ancora il “delitto d’onore” e la legislazione collegata. Il “matrimonio combinato” esisteva ancora in settori della nostra società, e ricordo di avere assistito pochi anni fa a tesi di antropologia culturale che ricostruivano la storia delle tante ragazze calabresi spedite in Toscana, tra anni Sessanta e Settanta, a sposare contadini solitari con matrimoni concordati tra famiglie per corrispondenza e spesso con la mediazione del parroco.
Negli Usa degli anni Sessanta la questione razziale esplodeva e conosceva una svolta: una storia che è lungi dal potersi considerare conclusa, come sappiamo bene dalle cronache recenti.
Per farla breve, e senza indulgere ancora in una esemplificazione che potrebbe essere interminabile, c’è da dire che è sorprendente come l’Occidente dimentichi la laboriosità e la lentezza dell’acquisizione dei diritti che pure ha vissuto, e pretenda dal resto del mondo l’adeguamento immediato, istantaneo, agli standard raggiunti oggi da noi.
Altrimenti giù bombe.
Tratto da: L’ Antidiplomatico
*Storico e docente italiano. Ha insegnato presso il Dipartimento di storia dell’Università di Siena

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