La mattanza Messicana dei giornalisti

La mattanza Messicana dei giornalisti

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Dall’anno 2000 al luglio 2021, 141 giornalisti sono stati assassinati in Messico, mentre nei due anni e mezzo dell’attuale governo guidato da Andrés Manuel López Obrador i morti sono stati 21, piazzando lo Stato Messicano, secondo il ‘Reporters sans frontières’, al primo posto per maggior numero di giornalisti uccisi. Nel 2018 nel solo Stato di Sonora sono stati uccisi quattro giornalisti, mentre negli ultimi tre mesi sono stati assassinati Ricardo Domínguez López (24 luglio 2021), Benjamín Morales (3 maggio, Sonoyta, Sonora), Gustavo Sánchez (17 giugno, Tehuantepec, Oaxaca) e Saúl Tijerina (22 giugno, Ciudad Acuña, Coahuila).  A poco o nulla sono servite le politiche dell’attuale presidente messicano che sembra più intento ad abbracciare i narcos piuttosto che prestare attenzione alle innumerevoli lettere a lui recapitate dove gli operatori dell’informazione chiedono protezione e sicurezza. In una di queste, recapitata al presidente a ottobre 2020 e firmata dai giornalisti della città di Iguala, a Guerrero – nota per la scomparsa di 43 studenti della scuola di Ayotzinapa nel 2014 – si legge che molti degli operatori, cronisti e giornalisti, avevano denunciato le minacce ricevute su WhatsApp sui loro profili privati. “Vi faremo a pezzi a voi e ai vostri parenti” diceva uno di questi messaggi. A Guerrero, inoltre, i giornalisti si sentivano già minacciati da poteri politici, economici e criminali che cercano di controllare o limitare le loro attività, tanto che a Sonora, al confine settentrionale, cronisti e giornalisti hanno protestato il 24 luglio per l’omicidio di Ricardo López, direttore del portale ‘Infoguaymas’. Per il suo assassino è stato ritenuto responsabile il capitano della Marina e direttore della Pubblica Sicurezza municipale Andrés Cano Ahuir, già indagato. Intanto il numero delle vittime aumenta. Il giornalista Cecilio Pineda, il 2 marzo 2017, stava riposando su un’amaca mentre stava aspettando il lavaggio del suo camion a Ciudad Altamirano, nella regione di Tierra Caliente dello stato di Guerrero, quando due uomini in moto lo hanno massacrato di colpi.
La cosa strana è stata la precisione e il tempismo dei sicari. Infatti gli investigatori nel corso delle indagini hanno rilevato che il giornalista era stato spiato con il software Pegasus un sistema acquisito dall’amministrazione – guidata dall’allora presidente Enrique Peña Nieto e di cui faceva parte Roberto Campa come sottosegretario ai Diritti Umani del Ministero dell’Interno – con lo scopo ufficiale di proteggerlo.
Campa, dopo l’assassinio di Pineda, aveva incolpato il giornalista della sua morte, assicurando che per “tre volte abbiamo cercato di farlo andare via ma lui aveva scelto di rimanere a Ciudad Altamirano“. I sicari hanno avuto accesso alle informazioni del software? Li ha mandati qualcuno? Campa sa qualcosa? Gli investigatori di Pegasus Project, l’alleanza della stampa internazionale che sta svelando gli usi politici della piattaforma, hanno rivelato che lo spionaggio sul cellulare di Pineda è iniziato proprio nelle settimane prima del delitto e probabilmente ha reso più facile il lavoro ai sicari. Nel mentre la situazione per la libera informazione in Messico continua a peggiorare. Un corrispondente del quotidiano ‘La Jornada Sergio Ocampo’ ha riferito che: nella Montaña Baja, situata nei comuni di Chilapa e Tixtla, non è nemmeno consentita la vendita di giornali pubblicati in altre parti dello Stato; dei 14 comuni della Terra Caliente, solo nel più popolato, Ciudad Altamirano, circola il quotidiano ‘El Despertar del Sur’ mentre gli altri sono stati costretti a chiudere; le minacce ai giornalisti della Costa Grande continuano ad aumentare e in Alta Montagna ci sono comuni che hanno addirittura vietato la stampa dei quotidiani; infine molti giornalisti sono stati cacciati dal famoso porto di Acapulco. L’aspetto inquietante di questa mattanza è la totale impunità che vi gira attorno, causata, come molti operatori dell’informazione pensano, dalla collusione delle autorità municipali, statali e federali e dell’Esercito con gruppi paramilitari collegati ai cartelli della droga.

Tratto da: Antimafiaduemila

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