Green Pass, la partenza è da incubo

Green Pass, la partenza è da incubo

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Tempo di lettura: 3 min

Di Agata Iacono

Il green pass parte malissimo: non si riescono a fare controlli, non si capisce chi e come deve fare la Gestapo, i clienti, anche quelli vaccinati, rinunciano per le troppe difficoltà e cancellano le prenotazioni, le attività economiche sono allo sbando.
E dire che Draghi, nella sua lungimiranza da economista e con il suo paternalismo protettivo aveva detto esattamente che il green pass era necessario per tenere aperte le attività.
Almeno all’esame di microeconomia e a quello di economia aziendale e marketing sarebbe stato sonoramente bocciato.
“L’avvio dell’obbligo di green pass, da oggi obbligatorio per consumare al chiuso in bar e ristoranti, si sta rivelando un disastro, tra malfunzionamenti dell’app deputata a scansionare il certificato, clienti che fanno resistenza e tavoli che – in questa situazione di incertezza – rimangono vuoti”.

 

Lo dichiara Giancarlo Banchieri, Presidente di Fiepet, l’associazione che riunisce ristoranti, bar e le altre imprese della somministrazione aderenti a Confesercenti.

“Come temevamo, l’introduzione dell’obbligo ha creato incertezza sugli avventori, che preferiscono evitare complicazioni e scelgono di consumare solo all’aperto, ignorando le sale interne. Ci sono state anche reazioni scomposte, che hanno messo in difficoltà i gestori, cui è stato affibbiato contro ogni logica il ruolo di agente di pubblica sicurezza. Un ruolo su cui, oltretutto, non abbiamo avuto i necessari chiarimenti. A partire dalla questione del controllo del documento per verificare che l’identità di chi presenta il green pass: a chi tocca, e con quale autorità?

Al danno si aggiunge poi la beffa delle difficoltà tecniche riscontrate nell’utilizzo della App dedicata alla scansione elettronica del certificato, per la quale è necessario avere uno o più smartphone dedicati di ultima generazione o quasi”.

Basta guardarsi in giro: le manifestazioni fieristiche sono vuote, per entrare a Pompei ci sono file chilometriche perché chi aveva prenotato non era preparato o non era pronta la biglietteria/dogana.
Molti turisti rinunciano e si riversano sulle spiagge o nei locali all’aperto.
I ristoranti al chiuso restano desolatamente vuoti, anche perché paradossalmente occupare quei tavoli al chiuso significa comunque aderire ad un modello esibizionista di stigmatizzazione sociale.
E non tutti vogliono lasciare fuori gli amici o i parenti e i ragazzini di 12 anni….

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Il Divide et Impera del Green Pass

Fallimento totale anche nei musei e nelle sagre

 

E si aggiunge anche la beffa di chi ha aderito all’appello di #ioapro: quasi 300 ristoranti; oltre 200 bar, più di 50 fra palestre e centri fitness.
Tutte ben ripartite per categoria e geolocalizzate su una mappa, indicate con nome e indirizzo e contatti. Per entrare non serve il Green pass.

E su TripAdvisor compaiono miriadi di recensioni negative per le attività che richiedono il green pass per accedere.

Già in Francia molti locali sono diventati club privati con la quota associativa simbolica di un euro, per non chiedere passaporto sanitario.
La stessa dinamica si sviluppa in Italia con una palese connotazione di protesta collettiva.

In pochissimo tempo moltissimi canali Telegram sono riusciti ad organizzarsi per categorie, riuscendo ad organizzare manifestazioni in tutta Italia, scambiandosi pareri e informazioni, acquisendo capacità collettiva di analizzare leggi e consultare giuristi.
L’associazione Contiamoci ha anche forze dell’ordine, personale medico e infermieristico, docenti, al suo interno.
Gli individui emarginati si stanno organizzando in comunità, uniti da medesime esigenze sia pratiche che di mutuo supporto solidale.

Intanto i dirigenti scolastici iniziano ad insorgere.
Chiedono da tempo misure che possano essere davvero efficaci ed efficienti  per garantire la ripresa in sicurezza delle lezioni in presenza a settembre, adeguare il sistema dei trasporti eliminare le classi pollaio da oltre 35 alunni in meno di 30 metri quadri aumentare l’organico del corpo docente e del personale ATA, ripristinare le oltre 370 sedi con una sede di presidenza così come stabilito dalla Legge di Bilancio 2021.
Tutte richieste, da chi la scuola la vive davvero, assolutamente fondamentali che nessuno vuole prendere in considerazione.
Per Udir (Presidi) la forzatura dell’obbligo del green pass per tutto il personale scolastico, non risolve assolutamente i problemi della sicurezza nelle scuole ma crea moltissimi problemi ai capi di istituto che si troveranno da soli ad affrontare una situazione già molto complessa.

Chi tutelerà il dirigente per le ulteriori e gravi responsabilità che pongono seri problemi etici e legali e del rispetto delle norme sui contratti di lavoro e il principio di non discriminazione?

Come si fa a considerare assenze ingiustificate se si lavora senza green pass e procedere a sospensioni senza retribuzione essendo norme in palese violazione dei fondamentali diritti e regole contrattuali?

Inoltre, per fare solo alcuni esempi, chi controlla: la segreteria o direttamente il dirigente? Chi sospende i docenti e personale Ata senza green pass? Chi gestisce i contenziosi che emergeranno dall’applicazione della norma? Chi affronterà le segnalazioni che chiedono come il dirigente stia garantendo o abbia garantito la “sicurezza” nel proprio istituto, anche in caso di contagio (ricordiamoci che i vaccinati possono contagiare gli altri)?

In caso di rifiuto a esibire green pass si chiama la forza Pubblica? Quale clima si creerà nelle scuole e sarà respirato dagli allievi? Chi gestirà i contrasti tra le varie posizioni di studenti, famiglie e personale in merito? I dirigenti hanno già le responsabilità di gestione ordinaria, non devono essere gravati e messi in seria difficoltà da questo provvedimento.

Sarà un autunno caldissimo…

Tratto da: L’Antidiplomatico

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