Nulla di nuovo ad est: gli Usa spingono l’Ucraina in guerra con la Russia

Nulla di nuovo ad est: gli Usa spingono l’Ucraina in guerra con la Russia

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Tempo di lettura: 5 min

Di Fabrizio Poggi

La situazione a est rimane a dir poco tesa, in particolare ai confini sudorientali della Russia, con gli Stati Uniti che spingono apertamente l’Ucraina allo scontro in Donbass, cercando così di provocare una reazione di Mosca, mentre entrano essi stessi direttamente in gioco nel mar Nero, dove ancora continuano le manovre navali insieme agli alleati USA nella regione. Fa da sponda al gioco atlantista l’ormai uscente Angela Merkel, che parla di nuove sanzioni contro Mosca, per i pretesi “preparativi di attacco” russo contro l’Ucraina.

In questo quadro, le truppe di Kiev sono tornate giovedì a impiegare droni d’attacco (presumibilmente, dei “Bayraktar TB2”, di quelli acquistati dalla Turchia) per colpire il centro di Jasinovataja, una ventina di km a nordest di Donetsk, mentre la sera precedente era stata bersagliata con armi di terra una scuola nel villaggio di Krasnyj Partizan, nei pressi della stessa Jasinovataja. Fortunatamente, non si sarebbero registrate vittime, come anche nel caso dei tiri di mortaio da 120 mm, lunedì scorso, sul villaggio di Leninskoe, nel sud della DNR.

Il sito web Vzgljad.ru ricorda come Vladimir Putin, in un colloquio telefonico con Mario Draghi, avesse stigmatizzato il rifiuto di Kiev di adempiere agli impegni previsti dagli accordi di Minsk del 2015. Nei giorni scorsi, il rappresentante russo al Gruppo di contatto, Boris Gryzlov, ha dichiarato che Kiev rifiuta qualsiasi passo per concordare con L-DNR una “road map” per un accordo politico; inoltre, l’Ucraina continua a ignorare le considerazioni di L-DNR a proposito del fatto che Kiev non intende condurre il dialogo sullo status speciale del Donbass, previsto dagli accordi di Minsk.

Indicative, in ogni caso, della situazione, le voci diffuse dal leader del Partito Radicale ucraino, Oleg Ljaškò, secondo cui Vladimir Zelenskij si appresterebbe a introdurre in Ucraina la legge marziale dal 1 dicembre. La stessa data indicata dallo stesso Zelenskij quando parla di presunti piani di colpo di stato per rovesciarlo, messi a punto da esponenti ucraini e russi, d’accordo col magnate ucraino Rinat Akhmetov – il quale Akhmetov, ovviamente, smentisce. Tutto ciò non rappresenta altro che una ulteriore testimonianza del bassissimo livello cui è precipitato il grado di consenso e di legittimazione del Presidente, eletto poco più di due anni fa. L’introduzione della legge marziale, ha detto Ljaškò, risponde a «uno scopo, quello del controllo sui media, dal momento che significa la limitazione assoluta di tutti i diritti civili, compresi diritto di parola, riunione e manifestazioni pubbliche».

Difficile sfuggire alla sensazione che ciò sia anche direttamente collegato al ripetuto battere sulla grancassa, soprattutto nelle ultime settimane, della “delenda Cartago” di presunti preparativi di “aggressione russa” all’Ucraina, pur se lo stesso Zelenskij, smentendo i propri padrini euroatlantici, ha dichiarato venerdì che «la situazione non è affatto peggiore di quanto fosse in primavera e ritengo che il numero di soldati sia anche inferiore». E, però, ancora lui, chiede a Vladimir Putin di dichiarare pubblicamente «che la Russia non sta preparando un attacco su larga scala all’Ucraina. Questo sarebbe ora un segnale importante».

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Dietro la guerra del Donbass

Dunque, a fronte della campagna sempre più accesa lanciata dai media atlantisti su presunti preparativi russi di attacco all’Ucraina, si assiste a Kiev a un’altalena di dichiarazioni: ora di smentita su presunte concentrazioni di truppe russe ai confini, ora di imminenza dell’attacco, come ha fatto nei giorni scorsi il capo dell’intelligence militare ucraina, Kirill Budanov (agli ordini di chi è?), arrivato a pronosticare persino la data dell’attacco: in prossimità con l’inizio delle Olimpiadi invernali a Pechino a gennaio-febbraio 2022!

Una sorta di altalena arriva nelle ultimissime ore anche da Washington. La Tass riporta informazioni dal Wall Street Journal secondo cui gli USA potrebbero limitare le esercitazioni militari in Europa e sospendere le forniture di armi a Kiev, per allentare le tensioni in Europa; tensioni, comunque, attribuite alla presunta eccezionale attività militare russa ai confini con l’Ucraina. Questo da un lato; dall’altro, l’assistente del Segretario di stato per gli affari euroasiatici, Karen Donfried, dichiara che alla riunione dei Ministri degli esteri NATO, il 30 novembre a Riga, gli USA porranno all’ordine del giorno passi comuni per ridurre le tensioni. Quali passi? La Donfried ha detto che «c’è un insieme di di strumenti, che comprendono una vasta gamma di possibilità». È possibile, scrive ancora il WSJ, che si tratti di incrementare proprio le forniture di armi anti aeree a Kiev e di nuove sanzioni anti russe. A Washington, questo si chiama “ridurre le tensioni”.

Anche la corrispondente di Radio Svoboda a Mosca ha condotto una sorta di sondaggio tra i cittadini, chiedendo se ritengano che Putin possa dare il via a un’aggressione all’Ucraina; ed ecco una delle risposte: «e perché mai?». La corrispondente insiste «ma le truppe sono là, sul confine» e ottiene: «ma i militari esistono proprio per questo, per stare vicino ai confini del paese; è logico». E ancora: «cioè, nessuna aggressione…»; «assolutamente no; ma non c’è nemmeno un accenno a ciò. Ma a chi serve una misera e rabbiosa Ucraina? A chi? Perché mai?».

Addirittura, dichiara l’esperto ucraino Aleksandr Kocektov, se USA e Occidente rinunceranno a finanziare l’Ucraina, Kiev dovrà rivolgersi per aiuti alla Russia e allora sarà costretta a rispettare gli accordi di Minsk. Già oggi, dice Kocektov, «l’Ucraina sta lentamente scivolando verso la Russia: abbiamo una tale quantità di problemi; presto Europa e Stati Uniti smetteranno di darci soldi, e allora la Russia sarà l’unica che abbia soldi e che sia anche disposta ad avere a che fare con noi, in cambio dell’adempimento di condizioni politiche». Kocektov si spinge a dire che, con ogni probabilità, al prossimo incontro Biden-Putin, il leader russo solleverà il tema degli accordi di Minsk e chiederà a Washington di obbligare Kiev a rispettarli. Tuttavia, sostiene Kocektov, ciò potrebbe addirittura non essere necessario, perché essi non possono continuare in eterno a finanziare l’Ucraina, e l’unica soluzione per Kiev sarebbe quella di chiedere aiuto a Mosca.

Come che sia, la situazione è tutt’altro che tranquilla, con i governi occidentali che gareggiano a chi si proclama più sicuro degli altri sull’attacco russo. The Times britannico scrive poi che Londra intenderebbe inviare centinaia di mezzi militari in Germania: ovviamente per farsi trovar pronti “in caso di attacco russo” all’Ucraina. Vien da chiedersi, a questo punto, che fine abbia fatto il famoso “vallo europeo”: la recinzione con torrette e palizzate che l’ex primo ministro ucraino Arsenij Jatsenjuk diceva di aver cominciato a costruire nel 2015 al confine con la Russia, per “salvare l’Europa intera” e che gli costò la poltrona (a Washington non era più gradito), oltre alle accuse per la “scomparsa” di parte delle decine di milioni di euro destinati alla costruzione di quel “vallo”.

Dunque, sarà certo per prevenire cotanta “aggressione russa” che, come comunicato dal Comando della VI Flotta, giovedì ha fatto rotta per il mar Nero il cacciatorpediniere lanciamissili USA “Arleigh Burke”, capo-classe dei vascelli di simili caratteristiche. È probabile che il DDG 51 “Arleigh Burke” vada a sostituire l’equivalente DDG 78 “Porter”, dal momento che, in base alla Convenzione di Montreux, navi militari di paesi non rivieraschi del mar Nero non possono superare una stazza complessiva di 30.000 tonnellate (in teoria, i tre vascelli USA già presenti – la nave comando “Mount Whitney”, il “Porter” e la nave cisterna “John Lenthall” – superano tale tonnellaggio) e possono incrociare nel bacino solo per un limitato numero di giorni, mentre le manovre navali “Passex” vanno ormai avanti da almeno un paio di settimane.

Corollario di tutto: la minaccia di nuove sanzioni, lanciata dall’uscente Angela Merkel all’indirizzo di Mosca, per l’eventuale escalation attorno all’Ucraina. L’ormai “facente funzioni” di cancelliera tedesca, in una conferenza stampa congiunta col primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, ha dichiarato che la UE deve mostrarsi unita sulla questione dei rapporti con la Bielorussia che, ha detto, fornisce sostegno ai rifugiati che assaltano il confine polacco, e anche verso la Russia, che ha schierato le proprie unità militari sul confine ucraino. «Qualunque aggressione che minacci la sovranità dell’Ucraina costerà cara», ha detto Angela.

Dispotica, pesante e [ormai] incolore, diceva Paul Verlaine parlando dell’estate.

Tratto da: L’Antidiplomatico

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