Donbass: la guerra sulla linea rossa

Donbass: la guerra sulla linea rossa

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Tempo di lettura: 5 min

di Alessandro Belfiore*

Nel gennaio dell’anno 2014 inizia la rivolta, il golpe nero di piazza Maidan a Kiev, un colpo di Stato promosso e finanziato dalle “democrazie” occidentali di Stati Uniti e Unione Europea in combutta con le peggio destre nazifasciste ucraine che hanno rovesciato il legittimo governo di Viktor Janukovich, una regia condotta nei minimi particolari con l’uso di agenti infiltrati a libro paga che hanno sparato e ucciso diversi manifestanti, per poi accusare di brutale repressione la polizia. Le uniche immagini girate in quella piazza hanno mostrato invece le forze di polizia sovrastate, picchiate e uccise dalle squadre militarizzate nazifasciste del Pravyj Sektor, di Svoboda e del Battaglione Azov.

La battaglia iniziata con Maidan è poi continuata sulla linea del Donbass, in una guerra che, nonostante gli accordi di Minsk del 2015 tra Ucraina, Francia, Germania e Russia, non si è mai conclusa e che invece nel Donbass ha continuato a mietere vittime sia militari che civili, compresi bambini e anziani.

L’episodio più brutale durante il “golpe nero”, che è doveroso ricordare, è il massacro di Odessa avvenuto il 2 maggio del 2014 presso la Casa dei Sindacati dove squadracce nazifasciste, giunte anche da altre città, hanno assaltato l’edificio con dentro i militanti sindacali e uccidendo brutalmente tutte le circa 50 persone tra cui giovani e donne inermi.

A far saltare questi accordi di Minsk è stata l’Ucraina, che non solo non ha mai cessato i bombardamenti, con l’intento di tenere acceso il conflitto, ma che poi ha palesato chiaramente, come più volte detto da parte dell’attuale Presidente Zelenskyj (votato ed eletto peraltro, per aver condotto una campagna elettorale promettendo la fine della guerra la pace e la riconciliazione…), di ripudiare e di non riconoscere più l’accordo di Minsk, che prevedeva, è bene ricordare, la modifica della Costituzione ucraina riconoscendo alle due regioni dell’est di Donetsk e Lugansk una ampia autonomia.

In tutti questi anni la situazione nel Donbass e nelle acque del Mar Nero vicino alla Crimea (che a seguito di un Referendum vinto a stragrande maggioranza è tornata alla madrepatria Russia), è stata sempre tesa; in Donbass si sono susseguiti attentati terroristici sia con l’uccisione di prestigiosi comandanti militari e politici delle regioni separatiste (che lo sono poi di fatto diventate anche a causa della radicalizzazione del conflitto per responsabilità di Kiev e dell’Occidente Atlantico che ha solo soffiato sul fuoco), ma anche con attentanti contro le strutture vitali di quelle regioni (infrastrutture elettriche, acquedotti, ecc.) e nel Mar Nero con continue manovre militari navali provocatorie degli Usa e degli alleati Nato e di altri Paesi della regione.

Qual è il punto ad oggi? Purtroppo pessimo, la “Santa Alleanza Atlantica”, con in testa gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, quest’ultima forse intenzionata a riprendere in grande stile un ruolo di punta imperialista e militarista sulla scena internazionale, sono decisi ad utilizzare alcuni Paesi dell’est Europa, in particolare Ucraina, Polonia e Paesi baltici, in funzione antirussa, con il pretesto di una imminente minaccia russa all’Ucraina e di un presunto tentativo di colpo di Stato ispirato dalla Russia (un contro-Maidan?) e di movimenti di truppe e armamenti russi ai confini dell’Ucraina. Truppe che la Russia ha, in parte, sempre avuto nella sua parte occidentale, ma che probabilmente sta rafforzando e avvicinando visto l’aria che tira… e cioè, voli sempre più frequenti di bombardieri a capacità nucleare e aerei spia Usa sulle linee delle 12 miglia, quindi a ridosso dei confini russi, soprattutto, sia a nord nel Mare di Barents, Mar Bianco e Mar Baltico che a sud nel Mar Nero, con il forte trasferimento da parte della NATO di armi pesanti e cosiddette letali alle truppe dell’esercito e paramilitari ucraine, invio di truppe speciali britanniche, istruttori Nato, con il dichiarato intento di supportare un massiccio e risolutivo attacco alle due regioni del Donbass. Oltre a ciò, le reiterate richieste di Ucraina, Polonia e Paesi Baltici di entrare nella NATO e, per finire… se tutto ciò non bastasse, l’intenzione dichiarata degli Usa di voler installare missili nucleari e basi Nato, non solo in Polonia (dove già ci sono rampe missilistiche a corto e medio raggio), ma anche nella stessa Ucraina e potenzialmente anche in altri Paesi confinanti con la Russia, compresa una ventilata base navale Usa in Romania sul Mar Nero.

Quindi la Russia, “visto l’aria che tira…”, appunto, sarebbe “colpevole” di rafforzare il suo dispositivo militare difensivo e a tutela della popolazione del Donbass esposta ad una vera pulizia etnica russofobica. Sino ad una settimana fa, tali truppe e armamenti della Russia erano sul suo territorio a circa 260 Km dal confine ucraino, che non è affatto in prossimità del confine come sbraitavano autorità Nato e media occidentali; negli ultimi giorni parte di queste truppe si è avvicinata, sempre in territorio russo, al confine, avanzamento che deve servire a scoraggiare un attacco sconsiderato e catastrofico per le popolazioni del Donbass di cui centinaia di migliaia anche con cittadinanza russa. Ora, se tutto ciò non è una provocazione, cos’altro sarebbe?

Fonti di agenzia (ovviamente non verificabili da chi scrive) lasciano trapelare che la Germania si sia rifiutata di accogliere sul suo territorio missili nucleari puntati sulla Russia, gli Usa non vedono di buon occhio l’accordo di fatto trilaterale tra Francia, Germania e Italia che tra le altre cose (secretate), prevede una difesa comune (da chi?) ma, sia chiaro, “complementare alla Nato”.
La Russia ha detto chiaramente che:

• L’unica soluzione al conflitto interno all’Ucraina tra Kiev e le regioni separatiste sono da ricercare dentro gli accordi di Minsk, garanti la stessa Russia, la Francia, la Germania;

• Se Usa, Gran Bretagna e altri Paesi della Nato utilizzassero una tale situazione per installare basi e mezzi militari in Ucraina, Polonia, Paesi Baltici e altri…, compresi sistemi missilistici con capacità nucleare che in 4 minuti potrebbero raggiungere Mosca, la Russia risponderà con altrettanti armamenti missilistici e basi nel suo territorio e in quello della Bielorussia (in questo caso la Bielorussia già si è offerta in tal senso), sia di armamenti convenzionali che nucleari, comprese armi ipersoniche.

Alla luce di una tale situazione che potrebbe precipitare in ogni momento, l’emergenza Covid, di cui si parla a ciclo continuo su tutte le reti, sarebbe un aspetto di terza, quarta categoria, le mascherine non serviranno, i vaccini nemmeno, della “transizione ecologica” non avrà senso neanche parlare e forse è meglio, tanto la questione è intrisa di ipocrisia, così come quella dei “diritti umani” dei migranti, sia di quelli al confine tra Bielorussia e Polonia, – quelli che, maledetto Lukashenko e Putin, se ne tornassero nei Paesi disastrati dalle Guerre “umanitarie” di Usa/Nato e Israele e da dove “cavolo” sono venuti… –  e dei migranti che invece sono sempre ben accetti, quelli che sbarcano in Italia, purché rimangano in Italia (due pesi e due misure). Che ce ne faremmo in una situazione di guerra del genere, li arruoleremmo nell’esercito per mandarli al fronte?

Dire questo non è catastrofismo, è osservare le cose per come stanno, ma le cose che avvengono non vanno solo “osservate”, che già è qualcosa, perché i più non vedono, non sentono, non parlano, ma è necessario come l’aria agire politicamente. Noi, i comunisti, dobbiamo essere in prima fila nel denunciare i pericoli di guerra, questa consapevolezza deve essere il cemento dell’unità, non solo dei comunisti, ma delle forze più avanzate, più oneste politicamente e moralmente.

Dire NO alla Guerra e alle Guerre e mobilitarsi per creare un Fronte popolare di lotta contro l’imperialismo guerrafondaio, per difendere la sovranità dei popoli che è la base della democrazia (quella vera del popolo, appunto), per l’autodeterminazione di ogni Paese e popolo a decidere del proprio futuro, per un “futuro condiviso basato sulle regole” non quelle imposte con la forza dagli Usa e dagli alleati NATO con le loro guerre, ma quelle basate sul “diritto internazionale” e sancite dall’ONU.

In una situazione del genere, molto peggio della “guerra fredda” durata oltre 40 anni e ripresa aggravandosi nell’ultimo decennio, oggi più che mai è necessario dire NO, senza mezzi termini, alla NATO, no alle sue oltre 100 basi militari presenti in Italia e alle oltre 800 basi presenti in altri Paesi del mondo.

Da ultimo e non per ultimo, l’Italia ha una Costituzione bella, non è più come la Costituzione bellissima del ’48, quella originale nata dalla Resistenza, in parte snaturata, indebolita, svuotata, ma ancora da difendere nei suoi principi fondamentali. Possiamo dire, con amarezza e rabbia, che essa è la più disapplicata del mondo?

Sì lo è, vedi l’incontrastato processo di privatizzazione delle principali sfere dell’economia e dei servizi… “perché ce lo chiede l’Europa”, però da questa Costituzione dobbiamo ripartire per rilanciare una nuova Resistenza, per la Pace, per i diritti sociali, per la difesa degli interessi pubblici, del popolo, nella economia, nella sanità, nel sociale, per il diritto a salari dignitosi ed equi, contro i licenziamenti e per il diritto ad un lavoro sicuro e garantito.

 

*No Guerra NO Nato; coordinatore Centro Politico Culturale “Cumpanis” Ancona 

Tratto da: Antidiplomatico

 

 

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