Caso Assange, a rischio democrazia e libertà di stampa

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Maurizi: “Assange in carcere per aver svelato crimini di guerra, chi li ha commessi non ha fatto nemmeno un’ora di carcere”

Di Giuseppe Cirillo

Le ultime notizie relative alla decisione dell’amministrazione Biden di concedere l’immunità al principe saudita Mohammed bin Salman nonostante il suo coinvolgimento nell’omicidio del giornalista del Washington Post, Jamal Khashoggi, ha riacceso i riflettori sul modus operandi occidentale e, in particolar modo, sul caso Julian Assange, da anni, simbolo dell’imperialismo americano. Dell’argomento si è occupato anche Alessandro Di Battista insieme alla giornalista Stefania Maurizi, autrice del miglior libro sul caso Assange: “Il potere segreto”.

Si tratta di un caso molto semplice che potrebbe capire chiunque – ha sottolineato la giornalista Maurizi -. Dopo aver svelato documenti segreti del governo americano che hanno fatto affiorare crimini di guerra, torture e varie atrocità, Assange, non ha più camminato per strada da uomo libero. Prima gli arresti domiciliari, successivamente rinchiuso all’interno di un’Ambasciata per  quasi 7 anni senza neppure l’ora d’aria, in ultimo, rinchiuso nel carcere di Belmarsh, tra i penitenziari più rigidi del Regno Unito.” – prosegue – “Le persone che hanno commesso queste atrocità e crimini di guerra, invece, non hanno trascorso nemmeno un’ora di carcere e, al contrario di Assange, dormono comodamente nelle loro case insieme ai propri figli”. Tutto questo, per aver svelato al mondo intero documenti coperti da segreto governativo, imposto per nascondere orrori perpetrati dagli Stati Uniti in conflitti che si sono consumati in Iraq, Afghanistan e nel carcere extraterritoriale statunitense di Guantanamo. Tra i documenti più conosciuti, il video “Collateral Murder”, in cui è possibile assistere ad un attacco aereo compiuto dall’esercito degli Stati Uniti su Nuova Baghdad nei confronti di civili iracheni disarmati, un attacco che costò la vita anche a due bambini.

il potere segreto

Si tratta di vicende che raccontano, tra l’altro, anche la battaglia legale intrapresa dalla giornalista Maurizi in paesi come Inghilterra, Stati Uniti, Svezia e Australia per ottenere la documentazione necessaria sul caso Assange. Una battaglia iniziata nel 2015 e tutt’ora in corso, dal momento che i Governi chiamati in causa negano l’accesso alla documentazione richiesta dai legali che combattono questa battaglia; una condizione che, tra le altre cose, dimostrerebbe “quanto ci sia di ‘esplosivo’ all’interno di questi documenti”. Tuttavia, all’interno del materiale che Stefania Maurizi è riuscita ad ottenere, sono presenti elementi che dimostrano la gravità dei fatti accaduti e l’ingiustizia che ha colpito Julian Assange.  Una vergogna che, con stupore, passa anche dalla decisione delle autorità inglesi di “distruggere documenti cruciali nel caso Assange”, un vero e proprio scandalo ignorato dai media inglesi che avrebbe “messo in stato di allerta l’ambiente giornalistico”.

“Da quando mi sono occupata di Julian Assange, anche nella mia vita sono cambiate molte cose – ha ricordato Stefania Maurizi -. Mi sono dimessa dal quotidiano ‘La Repubblica’ perché non sposavo i cambiamenti della linea editoriale e ho scelto di lavorare per ‘Il Fatto Quotidiano’. Ho visto mutare molte cose, anche il mio reddito è crollato drammaticamente, nulla di grave se paragonato a quanto successo ad Assange.” – prosegue – “La nostra società è cambiata rispetto al passato perché delle persone hanno lottato. Queste persone erano attivisti, giornalisti, avvocati e politici, tutti hanno lavorato sulla base dei propri ideali – ha ribadito Maurizi -. Io sto provando a fare lo stesso attraverso il caso Assange perché la società in cui viviamo dobbiamo costruirla in prima persona”.

Tratto da: Antimafiaduemila

Foto: Padova24ore

Giustizia